La Brigata Newen Mapuche denuncia la repressione in Cile e la violenza dei carabineros

La Brigata Newen Mapuche denuncia la repressione in Cile e la violenza dei carabineros

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«Spesso i manifestanti a causa dei gas diventano momentaneamente ciechi e noi li aiutiamo. Dopo molti continuano a manifestare, altri non ce la fanno e tornano a casa»

Da più di un anno il popolo cileno manifesta nelle strade contro il governo di Sebastian Piñera e le sue politiche neoliberiste. Resistendo alla violenza dei carabineros e sfidando i coprifuoco e la militarizzazione delle strade le mobilitazioni di massa sono riuscite a ottenere un referendum che lo scorso ottobre ha decretato una vittoria schiacciante dei favorevoli a una nuova assemblea costituente. La costituzione scritta sotto la dittatura del generale Pinochet verrà finalmente sostituita.

Molti manifestanti non si sono accontentati delle promesse di riforme e per questo continuano a chiedere le dimissioni del presidente Piñera sfidando ancora una volta la repressione dei carabinieri a Santiago del Cile e in altre città del Paese. La brigata sanitaria «Newen Mapuche» fornisce soccorso ai manifestanti durante gli attacchi delle forze dell’ordine nel centro della capitale. Rodrigo, uno dei fondatori, racconta l’importanza del lavoro di tutela della salute di chi protesta contro le violenze dello Stato.

Com’è nata la brigata Newen Mapuche?

La rivolta iniziata l’anno scorso ha subito una repressione feroce e ci sono stati migliaia di feriti. Ci siamo accorti che andavano tutti nei centri sanitari e questi erano prossimi al collasso. Abbiamo pensato che avremmo potuto aiutarli con la stessa efficacia direttamente in strada. Le persone sono venute al nostro Punto Salute, ci hanno lasciato donazioni e altre risorse essenziali che ci hanno permesso di avere un equipaggiamento adeguato, è solo grazie al loro appoggio se abbiamo potuto iniziare a lavorare. Quello che facciamo è assistere i manifestanti che subiscono la violenza delle forze dell’ordine, forniamo aiuto a persone che sono state esposte a gas tossici, bagnate dai guanacos (camion lancia-acqua, ndr) o ferite dai proiettili. Ieri abbiamo aiutato un ragazzo colpito alla testa da un lacrimogeno. Forniamo un primo soccorso, spesso i manifestanti diventano momentaneamente ciechi a causa dei gas, li aiutiamo applicando un lavaggio sugli occhi, facciamo in modo che le loro condizioni si stabilizzino. Dopo il nostro intervento molti di loro continuano a manifestare mentre altri non ce la fanno e tornano a casa.

Chi fa parte della brigata?

Il 50% dei membri lavora nel settore sanitario e opera nel Punto Salute che allestiamo in strada, è lì che arrivano tutti i manifestanti. Ci sono persone che lavorano in una posizione più avanzata, sono coloro che garantiscono la sicurezza e vanno a cercare i manifestanti caduti per strada e li portano al Punto Salute: si chiamano «scudieri». Mentre assistiamo i manifestanti gli scudieri mettono i loro scudi intorno al Punto Salute, in modo che possiamo soccorrere correttamente le persone ferite mentre i carabineros continuano a passare con i camion lancia-acqua. Nonostante ci siano diverse brigate con nomi diversi, quando siamo in servizio lavoriamo come un’unica squadra, ci proteggiamo a vicenda. C’è una grande fratellanza tra le brigate, se vediamo che a una persona che sta soccorrendo un manifestante le manca qualcosa andiamo a fornirle supporto, li aiutiamo e loro fanno lo stesso con noi.

 

 

Oltre a soccorrere vi occupate anche di denunciare violazioni di cui siete testimoni?

Per me è sempre stato importante rendere pubblico ciò che sta accadendo in Cile, in modo che il mondo si accorga della gigantesca repressione che viene indirizzata contro la popolazione. Stiamo denunciando, ad esempio, che i camion dei carabineros lanciano acqua mista a sostanze chimiche. In particolare il CS, la cui percentuale nell’acqua è andata aumentando. Prima il guanaco bruciava un po’, ora ustiona in modo grave. Ci sono molte segnalazioni di persone che riportano bruciature importanti. Sono queste le cose che non vogliono che si diffondano. Molti che hanno denunciato le violenze dei carabineros sono state perseguitate e minacciate. Siamo consapevoli di questo rischio ma non abbiamo paura, la realtà non va distorta né filtrata. In Cile abbiamo alcuni esempi emblematici, come Fabiola Campillay che ha perso l’olfatto, il gusto e la vista a causa di un lacrimogeno che l’ha centrata in viso. Ci sono persone che hanno perso un occhio e altre che sono morte durante le proteste. C’è il caso di Mario Acuña, che i carabineros hanno picchiato fino a lasciarlo paralizzato. Fortunatamente si è salvato e ogni giorno da nuovi segni di miglioramento. Questi sono i motivi che spingono le persone a scendere in strada, affinché tutto ciò non rimanga impunito.

Da dove prende il nome la vostra brigata?

Quello che accade oggi in Cile, la repressione contro la popolazione che si ribella, è un qualcosa che il popolo Mapuche ha vissuto durante tutta la sua storia. La forza che i Mapuche hanno saputo dimostrare nel resistere nonostante gli abusi dello Stato, da parte di tutti i governi che si sono alternati in questo Paese, è ammirevole. Da qui l’idea del nome Newen Mapuche (Forza Mapuche), perché cerchiamo di portare in strada quello che questo popolo rappresenta.

* Fonte: Gianpaolo Contestabile, il manifesto



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