Il virus contro i diritti: pandemia e capitalismo delle catastrofi
Il virus contro i diritti: è questo il titolo scelto per il Rapporto sui Diritti Globali 2020, a evidenziare quanto numerosi governi abbiano profittato della pandemia, e delle necessarie misure di prevenzione e contenimento, per accentrare i poteri e deresponsabilizzare i parlamenti, per ridurre gli spazi democratici e comprimere il dissenso, per penalizzare ulteriormente interi segmenti sociali. I dati sulle diseguaglianze sono inequivocabili e dovrebbero preoccupare. Mentre la povertà e la perdita di reddito e lavoro colpiscono milioni e milioni di persone, trascinando sempre più in basso anche i ceti medi, cresce l’accumulo di ricchezza nelle mani di quanti siedono stabilmente in cima alla piramide sociale. Le multinazionali, e in particolare quelle delle piattaforme digitali, hanno visto ancor di più aumentati i propri profitti. Amazon, ad esempio, nel terzo trimestre del 2020 ha triplicato l’utile, mentre continua a ostacolare l’attività sindacale dei propri dipendenti, già messi a rischio per salute e sicurezza dalle condizioni di lavoro loro imposte durante la pandemia.
Mortalità e contagi hanno colpito in maniera e misura diversa nei quartieri benestanti e nelle periferie. I processi di smantellamento e privatizzazione dei servizi pubblici, in corso da decenni, hanno mostrato ora i propri micidiali effetti.
Il “capitalismo delle catastrofi” e della “shock economy” ha una consolidata capacità nell’usare le emergenze e i disastri da esso stesso provocati, per accumulare ancora maggiori profitti e potere, a discapito dei diritti sociali, ambientali ed economici. Lo sta efficacemente facendo anche nella pandemia in corso, che si può considerare un ulteriore e drammatico capitolo di quella “lotta di classe dall’alto”, di cui parlava il compianto Luciano Gallino.
Ma i diritti maggiormente vulnerati non sono solo quelli economici e sociali. Guerre, discriminazioni, crimini umanitari, crisi ambientale: sono tanti e interconnessi i fronti analizzati e documentati nella 18a edizione del Rapporto sui Diritti Globali. Che diventa internazionale, con l’edizione principale pubblicata in lingua inglese e diffusa anche in Europa, e non solo, e che documenta e analizza anche lo Stato dell’impunità nel mondo, come recita la copertina. La questione dell’impunità è infatti oggi più centrale, nella misura in cui la crisi del multilateralismo ha determinato un indebolimento del diritto internazionale e dei suoi strumenti.
Si tratta di ristabilire a livello globale regole e istituti democratici capaci di tutelare i più deboli, le vittime dei crimini, le popolazioni e le comunità sottoposte all’aggressione e alla minaccia di quei poteri multinazionali irresponsabili e rapaci – privati e statali – che in questi decenni hanno condotto il pianeta, e chi lo abita, vicino a un punto di non ritorno ambientale e di collasso umanitario.
Per noi questo significa globalizzare i diritti: costruire un diverso futuro di giustizia ecologica, sociale, economica.
* Fonte: sergio segio, gruppoabele.org
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