by Adriana Pollice * | 18 Dicembre 2020 15:25
NAPOLI. Si chiamava Anna, aveva 32 anni e viveva nel campo rom di Scampia. Cinque figli e una sesta in arrivo: al settimo mese di gravidanza si sono manifestate gravi complicazioni, alla clinica accreditata di Acerra Villa dei fiori sono intervenuti d’urgenza il 26 novembre con un cesareo e hanno salvato la neonata, per la mamma sono state necessarie le trasfusioni. Con il foglio di dimissioni e la terapia da seguire, il 2 dicembre Anna è torna nella sua baracca, nella periferia nord di Napoli. Il campo il 3 dicembre è diventato zona rossa, da allora non si entra e non si esce: a inizio mese c’erano 95 positivi al Covid-19 su 370 tamponi effettuati, il 13 dicembre sono scesi a 41 positivi su 345 tamponi. Pure Anna era risultata positiva al test rapido ma in ospedale le hanno fatto il tampone che ha dato esito negativo. È tornata a casa ma non stava bene.
Cosa è successo dopo lo raccontano la sorella, Luisana Mitrovic, e la portavoce del Movimento Kethane, Dijana Pavlovic: «Per una settimana è andata dalle forze dell’ordine all’ingresso del campo per dire che si sentiva male, che doveva andare in ospedale, che bisognava chiamare l’ambulanza, facendo vedere l’esito del tampone fattole quando è uscita dall’ospedale: negativo. Per una settimana l’hanno ignorata impedendole di andare a farsi controllare». Le hanno detto di rivolgersi al medico dell’ambulatorio del campo che, però, le ha prescritto una cura senza autorizzarla ad andare in ospedale, lasciandola nella zona rossa.
Il 9 dicembre si sente malissimo. Sua sorella la mette sul sedile posteriore dell’auto e cerca di uscire dal campo. Le forze dell’ordine le fermano ancora. Anna esce dalla macchina, urla che non sta bene, che deve andare in ospedale. Sviene. «Dopo più di un’ora arriva l’ambulanza – raccontano -, lei non c’è già più. Tentano di rianimarla, ma è troppo tardi». Mitrovic e Pavlovic hanno scritto una lettera aperta al presidente della regione Campania; al sindaco, al prefetto e al questore di Napoli; ai ministri dell’Interno e della Salute: «Vorremmo accanto a noi le istituzioni: una cosa simile merita attenzione pubblica perché non si ripeta. Chiediamo di capire che cosa sia successo, chi non ha fatto il suo dovere, umano innanzitutto. È stato un caso di malasanità? Non lo sappiamo».
La famiglia ha sporto denuncia, nel racconto messo a verbale hanno inserito gli elementi che documenterebbero il fatto che ad Anna è stato impedito di andare in ospedale. «Se non fosse stata rom, se non fosse stata nel campo di Scampia blindato dalla polizia, l’avrebbero portata in ospedale?» scrivono nelle lettera aperta alle istituzioni chiedendo giustizia per Anna e per i suoi figli
* Fonte: Adriana Pollice, il manifesto[1]
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