by Stefano Mauro * | 1 Dicembre 2020 10:35
Sono almeno 110 i civili uccisi sabato dai terroristi di Boko Haram in un villaggio dello stato del Borno (nord-est della Nigeria). «Il 28 novembre uomini armati arrivati aa bordo di motociclette e hanno perpetrato un brutale attacco a uomini e donne che lavoravano nei campi di Koshobe, decapitando numerose persone», ha detto domenica il coordinatore dell’Onu in Nigeria, Edward Kallon.
L’ATTACCO È AVVENUTO in una risaia a meno di dieci chilometri da Maiduguri, la capitale dello stato, in concomitanza delle elezioni locali nello stato del Borno, consultazioni che si sono svolte, dopo 13 anni di sospensione, per eleggere i 27 rappresentanti dei differenti consigli regionali.
La strage di contadini inermi, molti provenienti da altre regioni limitrofe per lavorare nelle risaie, è stata confermata dal capo delle milizie civili filogovernative, Babakura Kolo. «Abbiamo recuperato decine di corpi nelle risaie, ma il numero delle vittime potrebbe ancora aumentare – ha detto Kolo alla stampa locale -. È senza dubbio opera di Boko Haram che agisce nella regione e attacca frequentemente gli agricoltori».
IL PRESIDENTE DELLA NIGERIA Muhammadu Buhari, criticato duramente dalle opposizioni per la propria inerzia nel contrastare la minaccia jihadista nel paese, ha condannato il «vile attacco che conferma la frustrazione dei gruppi jihadisti, ormai sconfitti nella regione». Proprio in questi ultimi mesi, infatti, sia il presidente che le autorità nigeriane stanno spingendo gli oltre 600mila profughi presenti nello stato del Borno a rientrare nei loro villaggi, dichiarando che la regione «è diventata ormai un posto sicuro dalla minaccia jihadista».
Dichiarazioni che si scontrano con una realtà differente, visto che negli ultimi mesi i due principali gruppi jihadisti, Boko Haram e lo Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap), hanno aumentato gli attacchi contro civili e militari, arrivando a colpire per ben due volte (luglio e settembre) il convoglio del governatore del Borno, Babagana Umara Zulum, uscito illeso da entrambi gli attentati.
ISWAP HA RIVENDICATO ieri l’attentato sulla sua agenzia Amaq, affermando di aver attaccato e ucciso anche militari nigeriani e ciadiani (notizia non ancora confermata dalle autorità centrali) come «risposta all’organizzazione delle consultazioni nella regione» e per «affermare il proprio dominio in quell’area».
La regione nord-orientale del Borno, al contrario di quanto affermano le autorità, è sicuramente quella più instabile ed è spesso bersaglio di attacchi da parte di Iswap – nato da una scissione di Boko Haram – che mantiene la maggior parte dei suoi campi sulle isole del lago Ciad. area che comprende Nigeria, Camerun, Ciad e Niger ed è nota come bastione del gruppo jihadista.
L’esercito nigeriano lancia regolarmente operazioni militari, ma la regione rimane, secondo la stampa nazionale, «un buco nero della sicurezza» e le popolazioni, spesso incoraggiate dai politici locali, si sono dovute organizzare con milizie autonome per difendersi, innescando, però, una spirale di violenze intercomunitarie.
LA MAGGIORE RECRUDESCENZA di Iswap, secondo il quotidiano The Punch, coincide con la nomina in luglio del nuovo amir del gruppo, Goni Maina, come «governatore del Ciad». Un segno di discontinuità, secondo la stampa nigeriana, visto che il consiglio direttivo del gruppo aveva accusato il suo predecessore «di non essere stato in grado di rispondere adeguatamente agli attacchi dell’esercito nigeriano e delle truppe multinazionali della task force congiunta (Mnjtf costituita da militari del Benin, Camerun, Ciad, Nigeria e Niger) contro le fortezze jihadiste nell’area del lago Ciad».
I dieci anni di insurrezione nel nord-est della Nigeria hanno causato più di 2 milioni di profughi e oltre 36mila vittime.
* Fonte:
il manifesto[1]
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