Dopo Parigi e Vienna. Il vero capo del radicalismo islamico è Ergogan
Il terrorismo islamista colpisce sanguinosamente nel ventre molle di un’Europa in decadenza, ambigua e dopo tanta subalternità atlantica, a rischio di inutilità nella dimensione mondo.
Quale infatti è il messaggio che hanno mandato l’Europa e gli Usa al jihadismo?
Eccolo. L’anno scorso gli Stati Uniti si sono ritirati dal Nord della Siria lasciando campo libero a Erdogan per massacrare i curdi siriani, i maggiori alleati nella lotta al Califfato non solo sotto il profilo militare ma anche politico, in quanto il Rojava è uno dei più importanti esperimenti democratici nel cuore del Medio Oriente.
In compenso, dopo avere esaltato l’eroismo di Kobane, abbiamo processato e arrestato, anche qui in Italia, i volontari che erano andati a dare una mano alla resistenza curda.
Adesso Erdogan occupa con il suo esercito e le sue milizie una parte consistente del Nord della Siria che utilizza _ contrastato soltanto dalla Russia e dal regime di Damasco _ come un capiente serbatoio nel cortile di casa per ingrossare le file dei mercenari per le sue operazioni militari all’estero.
Non è un caso che l’attentatore di Vienna sia stato fermato l’anno scorso al confine con la Siria. Sarebbe interessante ricostruire il suo viaggio e i suoi contatti per comprendere meglio dove sono le falle e le complicità su quella rotta del radicalismo tra Balcani e Medio Oriente già illustrata ieri sul manifesto.
Per altro non è una novità per chi ha seguito le guerre balcaniche: ancora prima che nel ’92 iniziasse l’assedio di Sarajevo a Travnik in Bosnia giravano miliziani in jallabah impugnando i kalashnikov, pagati dalle associazioni musulmane del Golfo e trasportati lì dai croati, visto che servivano a combattere i serbi.
Oggi Erdogan è il vero capo del radicalismo islamico, come nei fatti lo era anche negli anni scorsi quando ha fatto passare in Siria decine di migliaia di jihadisti anche con la complicità degli americani e degli europei che speravano così di abbattere Assad.
Sono dozzine le testimonianze degli stessi prigionieri dell’Isis catturati in Siria e in Iraq che avevano contatti con i servizi turchi e passavano indisturbati da una parte all’altra della frontiera per incontrare militari e agenti Ankara. I giornalisti turchi che hanno pubblicato inchieste su questi traffici sono finiti nelle carceri del reiss turco senza che qui si facesse nulla.
È inutile girarci intorno: Erdogan fa e dice quello che vuole, sbeffeggiando le democrazie europee, perché americani ed europei hanno tradito i curdi e non hanno punito la Turchia cui abbiamo continuato a vendere armi senza imporre alcuna sanzione.
E’ evidente che in Siria c’è stato anche un ritorno dell’Isis e che il modello Califfato, pur sconfitto, non è affatto scomparso, anzi ci sono segnali che possa ricostituirsi almeno a livello locale. Che poi la Nato condanni l’attentato con 22 morti a Kabul da parte di Daesh è una tragica ironia: i bombardamenti americani e occidentali sui civili in Afghanistan sono stati una formidabile arma di propaganda per il jihadismo mentre l’Alleanza atlantica nel 2011 bombardava Gheddafi trascinando la Libia per anni nell’incubo del radicalismo e della guerra civile.
In Libia nel 2011 gli europei hanno defenestrato Gheddafi con gli americani, lasciando poi che Erdogan conquistasse la Tripolitania usando gli stessi jihadisti che prima ha mandato in Siria e quindi in Nagorno Karabakh. Che cosa si vuole di più?
In compenso americani ed europei aumentano le sanzioni alla Siria mentre l’Iran viene strangolato da altre misure restrittive imposte dopo che gli Trump ha stracciato l’accordo sul nucleare. Questi due Paesi hanno combattuto contro il Califfato. E proprio le forze iraniane e arabe guidate dal generale Qassem Soleimani sono state quelle che nel 2014 hanno salvato Baghdad dalla conquista dell’Isis di Al Baghadi.
E gli Usa di Trump che hanno fatto all’inizio di quest’anno? Hanno ucciso con un drone il generale Soleimani sul territorio iracheno, violando la sovranità di un Paese che ogni giorno è sotto tiro del terrorismo.
Chi alimenta il terrorismo e lo incoraggia sono proprio gli Stati uniti e l’Europa che continuano a vendere armi a Paesi che hanno usato i jihadisti in Siria e in altre parti del Medio Oriente come lo Yemen: questi stati sono l’Arabia saudita, il Qatar, gli stessi Emirati.
Sono in contrasto tra di loro sull’Islam politico dei Fratelli Musulmani e per questo si fanno la guerra usando mercenari pescati tra i gruppi jihadisti o di Al Qaeda, non diversamente da quanto fa Erdogan.
Altro che pace di Abramo con le monarchie del Golfo. Con loro si fa la pace perché sono tra i nostri maggiori acquirenti di armi e perché fa comodo a Israele.
L’Europa svende la sua sicurezza oltre che i suoi presunti princìpi: ecco perché il terrorismo fa ancora più paura
* Fonte: Alberto Negri, il manifesto
ph by G20 Argentina, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
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