Migranti. Sette anni dopo la strage del 3 ottobre, nel Mediterraneo si continua a morire

by redazione | 3 Ottobre 2020 18:24

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Ci sono anniversari che invece di ricordare il passato riflettono il presente in uno specchio. Il 3 ottobre 2013, a poche miglia da Lampedusa, un barcone carico di migranti si ribaltò. Si salvarono in 151. Altri 368 persero la vita. Venti i dispersi. Le persone avevano già indossato i vestiti buoni custoditi durante il viaggio per il momento dell’arrivo in Europa. 360, giovani e giovanissimi, erano eritrei in fuga dal regime di Iasaias Afewerki. Il naufragio causò una grande commozione. Dieci giorni dopo partì l’operazione Mare Nostrum: marina e aeronautica militare salvarono 100.250 persone in 382 giorni.

Tra il 14 e il 25 settembre 2020 davanti alla Libia sono annegate almeno 190 persone. Lo ha documentato in un rapporto Alarm Phone, ma di loro sappiamo pochissimo. Le nuove stragi fanno meno notizia e destano minore commozione. Sta soprattutto in questo l’importanza delle mobilitazioni odierne, in quella che dal 2016 è la «Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione». La piazza centrale è a Lampedusa, promossa dal Comitato 3 ottobre nella campagna «Siamo tutti sulla stessa barca». Dalle 8 studenti, abitanti e rappresentanti istituzionali marceranno verso la Porta d’Europa, monumento alla memoria dei migranti morti in mare. Nel luogo del naufragio sarà poi deposta una corona di fiori. Ci sarà anche il sindaco Totò Martello che ieri ha incontrato a Montecitorio il presidente della Camera Roberto Fico.

Iniziative sono previste in molte città: Roma (piazza Santi Apostoli, ore 15.30); Milano (piazza dei mercanti, ore 16); Palermo, Padova e Brescia (mattina); Catania, Pescara, Modena, Cesena e Trento (pomeriggio). «Il governo italiano interrompa il blocco delle navi umanitarie», con questo slogan manifesteranno le Ong attive in mare ma al momento bloccate a terra: Mediterranea, Sea-Watch, Medici Senza Frontiere e Open Arms. Con un documento congiunto chiedono all’esecutivo Pd-5S: riconoscimento del soccorso in mare; fine del blocco di navi e aerei della società civile; assegnazione di un porto sicuro entro 24h a chiunque compia un salvataggio; riattivazione di un meccanismo europeo di soccorso. «In Europa c’è una linea “laburista” che non è alternativa ai sovranisti, ma usa parole suggestive per coprire la terribile strategia degli accordi con i libici e della criminalizzazione delle Ong», dice Luca Casarini di Mediterranea.

Alla giornata prenderanno parte anche i sindacati. «Manca un progetto per salvare vite umane e continuano a esistere norme che scoraggiano le organizzazioni umanitarie», dicono dalla Cgil. Per la rete #IoAccolgo il governo italiano deve intervenire nella discussione sul Patto europeo migrazioni e asilo per ribaltare la logica di chiusura ed esternalizzazione, introdurre vie legali d’accesso, riformare Dublino secondo le indicazioni dell’Europarlamento e promuovere un programma europeo di salvataggi.

Ieri anche l’Onu ha alzato la voce per chiedere un’azione urgente contro il dramma del Mediterraneo. L’alto commissario per i diritti umani Michelle Bachelet ha parlato di un «fallimento del sistema di governance della migrazione, che non mette al centro i diritti di migranti e rifugiati»

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto[1]

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