Aborto, continua la rivolta delle donne in una Varsavia militarizzata

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VARSAVIA. Il governo polacco cerca un compromesso sulla vicenda aborto, ma i cortei delle donne continuano più lunghi che mai a marciare nel paese.
Dopo il blocco stradale di lunedì e lo sciopero rosa di mercoledì, decine di migliaia di cittadini hanno partecipato alla «marcia su Varsavia» finendo ieri pomeriggio per paralizzare le arterie principali della capitale polacca sorvegliate anche dai militari. È la terza protesta della settimana organizzata dallo «Sciopero nazionale delle donne» (Osk) contro la messa al bando dell’aborto terapeutico decretata giovedì scorso dal Tribunale costituzionale, organo giuridico sempre più filo-governativo dopo due governi di seguito targati Diritto e giustizia (PiS), il partito della destra populista fondato dai fratelli Kaczynski.

L’IMPRESSIONE è che i giorni pari della settimana servano ai manifestanti a recuperare le forze: «Il pericolo che scoppi un’epidemia nasce da uno stato che ha ignorato la pandemia costringendoci anche a non restare a casa», ha dichiarato la leader dell’Osk Marta Lempart. Da una settimana i cittadini continuano a riversarsi con rabbia in strada nonostante in questo momento in Polonia siano vietati gli assembramenti di più di 5 persone. Ormai il paese ha superato la soglia giornaliera dei 20 mila casi di Covid-19. Il governo potrebbe annunciare un nuovo lockdown generale da un momento all’altro. Contestualmente il PiS e i suoi alleati potrebbero dichiarare lo stato di emergenza per far fronte a quei pericoli che non possono essere scongiurati con «strumenti costituzionali ordinari». Un dispositivo al quale è possibile ricorrere per motivi di ordine pubblico, nel caso in cui il compromesso legislativo, a cui sta lavorando il presidente polacco Andrzej Duda, espressione del PiS, non dovesse dare i suoi frutti.

DUDA VUOLE CHE SIA PERMESSO ancora di ricorrere all’aborto terapeutico nel caso in cui vengano diagnosticate delle malformazioni letali per il feto. Questo secondo lui dovrebbe tutelare il diritto alla vita dei bambini affetti da sindrome di Down che da soli non costituiscono nemmeno la metà dei casi per cui le polacche scelgono l’interruzione volontaria di gravidanza per motivi terapeutici.
Per i cittadini più progressisti che hanno rilanciato la posta in gioco chiedendo una liberalizzazione dell’aborto sarebbe solo un «contentino legislativo» basato su una legge volta a limitare ancora di più l’«accordo al ribasso» del 1993. Tale compromesso prevedeva la possibilità di ricorrere all’aborto soltanto in tre casi: stupro, pericolo per la vita della madre o quando il feto presentasse delle malformazioni.

I GIOVANI, SOPRATTUTTO, non sembrano voler scendere a patti su un argomento così delicato. Anche Kinga Duda, la figlia 24enne del presidente polacco, ha criticato la sentenza dell’Alta corte, segno che il PiS sembra ormai aver perso per sempre la possibilità di ritagliarsi un elettorato tra le nuove generazioni. Chissà se in un futuro non troppo lontano le forze all’opposizione non ne possano approfittare

* Fonte: Giuseppe Sedia, il manifesto



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