Tunisia. Il parlamento vota la fiducia al governo tecnico di Mechichi
Sorriso a metà per il presidente della repubblica Saied che, dopo aver spinto sull’acceleratore, non condivide alcune delle scelte del neo premier
Dopo un’accesa discussione e molti dubbi, i deputati tunisini hanno approvato nella notte tra martedì e mercoledì, con 134 voti su 217, il governo dell’ex ministro degli interni Hichem Mechichi. La nuova squadra governativa comprende 25 ministri ed è composta prevalentemente da tecnocrati – giudici, accademici, dipendenti pubblici e dirigenti privati – con l’obiettivo dichiarato «di voler favorire con misure innovative la crescita economica in profonda crisi» e di «scongiurare altri conflitti politici», come quelli che hanno causato la caduta del precedente governo di Elyes Fakhkh.
«Sono orgoglioso di questo sostegno», ha dichiarato Mechichi all’agenzia France-Presse (Afp) dopo il voto, aggiungendo che il governo potrà «fare progressi sui gravi problemi economici, purché non rimanga intrappolato dalle attuali tensioni politiche».
Questo voto esclude la prospettiva di uno scioglimento dell’Assemblea a meno di un anno dalla sua elezione, il che avrebbe rischiato di far infuriare l’opinione pubblica preoccupata per la situazione economica del paese. Lo stesso presidente della repubblica Kais Saied aveva incaricato Mechichi richiedendo di «formare un governo tecnico e di superare l’impasse causata dall’eccessiva frammentazione all’interno del parlamento», indicando come possibile alternativa la possibilità di nuove elezioni.
Ipotesi che non era ben vista da numerosi partiti e in particolare dalla principale formazione con la maggioranza dei seggi, il partito islamista Ennahdha, a causa di un progressivo calo dei consensi e delle numerose critiche rivolte contro il suo leader e presidente del parlamento, Rachid Ghannouchi, riguardo al suo sostegno nei confronti di Al Sarraj in Libia e, soprattutto, dell’espansionismo turco del premier turco Erdogan o alle accuse di incapacità nel gestire il governo e il paese da quando è salito al potere nel 2011.
Nonostante lo scontro tra Saied e Ghannouchi e la richiesta di Ennahdha di voler avere più peso nell’esecutivo, paradossalmente proprio grazie al partito islamista e ai suoi alleati – compreso il partito Qalb Tounes di Naim Karoui (seconda formazione più rappresentata in parlamento) – il governo Mechichi ha ottenuto un ampio sostegno. Nel suo endorsement Ghannochi ha ribadito la «centralità del parlamento» – in contrasto con la centralità della figura del presidente Saied – e la capacità del nuovo governo di «poter risolvere i problemi economici, sanitari e di sicurezza del paese».
Un sostegno che, secondo la stampa locale, avrebbe irritato lo stesso Saied che non avrebbe pienamente accolto alcune scelte sul nuovo governo, creando nuove frizioni con Mechichi e rendendo sempre incerto il destino del nuovo governo.
Nel suo discorso di insediamento, Mechichi ha dichiarato che la nascita di un governo tecnico giunge in un momento di perdurante instabilità politica che ha messo a dura prova la pazienza della popolazione tunisina. «La nostra priorità è far fronte alla fragile situazione economica e sociale, frenare l’emorragia di finanze pubbliche, e creare lavoro per i nostri giovani che scappano dal nostro paese – ha concluso il premier – Questo sarà un governo di azioni, risultati, efficienza e cambiamento che ricercherà soluzioni innovative».
* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto
ph by Magharebia / CC BY (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)
Related Articles
Stati uniti. Pompeo chiede a Trump di licenziare chi indaga sulle armi ai Saud
L’ispettore generale del Dipartimento di Stato Steve Linick cacciato da Trump: stava accertando le misure prese dall’amministrazione per bypassare lo stop del Congresso alla vendita di armamenti a Riyadh e Abu Dhabi
Sul riconoscimento l’Unione Europea viaggia in ordine sparso. Ma il veto Usa è certo
Diplomazia/ LE MANOVRE AL PALAZZO DI VETRO IN ATTESA DEL DISCORSO DI ABU MAZEN ALL’ASSEMBLEA
Con il rafforzamento palestinese nel quadro giuridico internazionale Tel Aviv trema per le sue politiche di espansione
Nucleare, a Ginevra le prime aperture dell’Iran