L’Iran sequestra una nave degli Emirati Arabi nel Golfo

by redazione | 21 Agosto 2020 10:03

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Di fronte all’accordo tra Israele e gli Emirati sotto l’egida statunitense, ayatollah e pasdaran rispondono con le intimidazioni: rendono noto di avere a disposizione due nuovi missili a scopo difensivo con una gittata maggiore, uno balistico e l’altro da crociera; e riferiscono di aver sequestrato lunedì 17 agosto una nave degli Emirati in seguito alla morte di due pescatori iraniani, dopo che unità della Guardia costiera emiratina hanno aperto il fuoco contro pescherecci iraniani nelle acque del Golfo.

Le date non sono casuali: l’incidente nelle acque del Golfo risale al giorno in cui le autorità della Repubblica islamica hanno definito una «stupidità strategica» la normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Emirati.

Sempre lunedì, un’altra nave degli Emirati Arabi Uniti era stata confiscata e il suo personale era stato arrestato dalle guardie di frontiera iraniane con l’accusa di trasporti illegali nelle acque territoriali iraniane.

Il Ministero degli esteri di Teheran afferma che «il governo degli Emirati Arabi Uniti ha inviato una nota scritta, esprimendo profondo dolore per l’incidente e ha anche espresso la disponibilità a risarcire i danni», aggiungendo che è in corso un procedimento legale per il trasferimento dei corpi dei due pescatori uccisi.

Di pari passo, le autorità iraniane hanno convocato l’incaricato d’affari degli Emirati a Teheran, e lo stesso hanno fatto gli Emirati con l’incaricato d’affari iraniano ad Abu Dhabi. Incaricati d’affari, e non ambasciatori, perché i due paesi avevano ridimensionato i rapporti nel 2016, durante l’escalation della tensione tra Arabia Saudita e Iran innescata dalla decapitazione dell’ayatollah saudita Nimr al-Nimr.

I rapporti commerciali non sono mai venuti meno, soprattutto tra Teheran e Dubai, con il suo porto e il suo hub aeroportuale. L’impressione è che le scaramucce nel Golfo tra Iran ed Emirati andranno avanti per un po’. Ricordano la saga delle petroliere dell’estate scorsa: su richiesta statunitense, il 4 luglio 2019 trenta Royal Marines britannici avevano affiancato via mare la petroliera iraniana Grace 1 mentre attraversava lo Stretto di Gibilterra e si erano calati da un elicottero bloccando i 27 membri dell’equipaggio. Secondo il capo del governo di Gibilterra, la nave stava trasportando greggio verso la raffineria di Banyas, in Siria, in violazione delle sanzioni dell’Unione Europea al governo di Assad.

Per ricambiare il gesto, il 19 luglio 2019 i pasdaran utilizzavano piccoli aerei e un elicottero per obbligare la petroliera britannica Stena Impero e i 23 membri dell’equipaggio, diretti in Arabia Saudita, a rivolgere la prua verso la costa iraniana. In ogni caso, gli eventi di questi giorni vanno interpretati alla luce dell’accordo tra Israele ed Emirati voluto dall’amministrazione Trump per avvicinare i Paesi del Golfo allo Stato ebraico con l’obiettivo di isolare ulteriormente ayatollah e pasdaran.

Ma anche come conseguenza della decisione degli Stati Uniti di voler riattivare una procedura controversa all’Onu per far ripartire tutte le sanzioni internazionali contro Teheran, dopo lo smacco di settimana scorsa al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in cui Washington non è riuscita ad ottenere il sostegno degli altri membri per prolungare l’embargo sulle armi all’Iran.

Di pari passo, gli Stati Uniti stanno anche esercitando la massima pressione sull’economia iraniana, augurandosi che la popolazione si ribelli alle autorità della Repubblica islamica, ma la Storia dimostra che di fronte alle aggressioni l’opinione pubblica iraniana si compatta.

* Fonte: Farian Sabahi, il manifesto[1]

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