by redazione | 14 Luglio 2020 9:44
VARSAVIA. Andrzej Duda sarà ancora il presidente nella Polonia per un pugno di voti o poco più con circa il 51% delle preferenze. La storia, quella recente, si ripete a Varsavia dopo il primo lustro targato Duda. Ancora una volta sono circa 500.000 i voti al ballottaggio che separano il presidente uscente del governo della destra populista Diritto e giustizia (Pis) dal suo sfidante di turno. Nel maggio del 2015 a farne le spese era stato Bronisław Komorowski del partito liberale di centrodestra Piattaforma civica (Po), forse troppo sicuro di ottenere un secondo mandato.
Da lì che comincia l’era targata Pis culminata qualche mese dopo con un’altra vittoria alle parlamentari. A farne le spese questa volta il primo cittadino di Varsavia Rafał Trzaskowski, esponente dello stesso milieu politico di Komorowski. Alla fine quasi la metà dei cittadini ha votato per Trzaskowski, o almeno, contro il Pis: «10 milioni di polacchi vogliono una Polonia sorridente, europea, tollerante in cui non ci sono gli uguali e quelli più uguali degli altri», ha dichiarato il sindaco della capitale polacca ringraziando tutti quelli che lo hanno sostenuto. Sarebbe ingiusto dire che qualcosa è andato storto. L’opposizione ha sfruttato al massimo il proprio bacino elettorale senza tuttavia riuscire ad allargarlo quel poco che sarebbe bastato nel rush finale. Niente da fare con gli over 50 le cui preferenze sono andate soprattutto a Duda tranne nei grandi centri del paese. Il Pis è riuscito a mobilitare anche quel 2.5% degli elettori intenzionati a votare Pis ma rimasti a casa al primo turno.
La frequenza poi è stata quasi da record per questo tipo di consultazioni. Più del 67% dei polacchi aventi diritto di voto si è recato alle urne. Soltanto nel 1995 la frequenza alle presidenziali nella Polonia post-1989 è stata più alta rispetto alle elezioni di domenica. Allora il socialista Aleksander Kwaśniewski aveva sconfitto Lech Wałęsa leggendario sindacalista di Solidarność. Trzaskowski e i suoi sostenitori avevano sperato che il «tesoretto» elettorale rappresentato dai polacchi all’estero avrebbe finito per incidere di più sul risultato finale. Quasi tre quarti dei polacchi residenti oltreconfine (72%) hanno scelto il rivale di Duda.
Il Pis ha invece avuto la meglio nelle circoscrizioni di pochi paesi ma di peso: Bielorussia, Ucraina, Canada e Stati Uniti dove la diaspora polacca, detta anche «Polonia» si attesta da anni su posizioni teocon. In patria invece le regioni più arretrate ad est del fiume Vistola, soprattutto nel sud del paese, intorno alle città di Kielce, Rzeszów e Lublino, hanno scelto ancora una volta il Pis. A distanza di anni il partito fondato dai gemelli Kaczyński sfrutta ancora i benefici di quando era riuscito a parlare alla fasce meno agiate. Anche se il bonus mensile di 500 złoty (circa 120 euro ndr) concesso a tutte le famiglie per ogni figlio minorenne non è più una novità, il programma «Rodzina 500+» funziona ancora come una rendita di popolarità elettorale per il Pis.
Trzaskowski si è congratulato con Duda sperando in una presidenza diversa da quella che sta per concludersi. Forse la guerra civile in Polonia non è dietro l’angolo come ha ripetuto in numerose occasioni Wałęsa ma è indubbio che la società polacca continua ad essere lacerata dalla «guerra polsko-polska» tra sostenitori e oppositori del Pis. Difficile per chiunque ricompattare una società tanto polarizzata. Davvero l’opposizione ha buoni motivi per sperare in un Duda più conciliante dopo la sua rielezione a Palazzo del Belweder? Il primo mandato di Duda sembra dire di no. Fino ad oggi soltanto una volta il candidato del Pis, coetaneo di Trzaskowski, ha rotto con la disciplina di partito.
Tre anni fa in estate Duda si era rifiutato di firmare due provvedimenti voluti dal «superministro alla giustizia» e procuratore generale Zbigniew Ziobro in seguito alle proteste davanti ai tribunali di tutto il paese. Il doppio «nie» di Duda riguardava la riforma della Corte suprema e quella del Consiglio nazionale della magistratura, iniziative che sono state comunque portate avanti dal Pis nonostante il braccio di ferro tra Varsavia e Bruxelles in materia di giustizia e stato di diritto. Per l’opposizione la delusione è forte. Un presidente non eletto fra le file del Pis avrebbe potuto garantire un contrappeso efficace alle politiche di «orbanizacja» del paese rimaste ancora nell’agenda del Pis.
* Fonte: Giuseppe Sedia, il manifesto[1]
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