In Germania approvata la «legge anti discriminazione»
BERLINO. «Il mio collega era sul treno con altri cento passeggeri, è passata la polizia per un controllo, non hanno chiesto i documenti a nessuno tranne che a lui. È chiaro che in Germania la gente con il mio aspetto non riceve lo stesso trattamento dai funzionari pubblici».
Dice proprio così, Sylvie Nantcha, consigliera comunale della Cdu a Friburgo, la prima afro-tedesca a raggiungere la carica da cui la denuncia diventa istituzionale.
E parla altrettanto chiaro la nuova «Legge Antidiscriminazione» approvata giovedì dal Parlamento del Land di Berlino che ha sentito l’obbligo di mettere un freno all’inquietante e conclamata consuetudine delle forze dell’ordine.
Berlino è il primo Stato della Repubblica federale a proibire esplicitamente in nome della lotta al razzismo a tutte le autorità pubbliche, a partire dalla Polizei, di «discriminare in base la colore della pelle, sesso, disabilità fisica o mentale, visione del mondo, età, identità di genere, mancanza di conoscenza della lingua tedesca, malattia, reddito, occupazione o istruzione».
Resta fuori davvero poco nella norma varata dalla maggioranza Linke-Verdi-Spd (proposta dai Grünen) che prevede anche l’adeguato risarcimento per i danni subiti in controlli, fermi, arresti fuorilegge.
Una toppa al buco giuridico della Legge federale sulla Parità del 2006 che si limitava ai settori del lavoro e ai rapporti tra privati cittadini.
Eppure, Cdu e i liberali si oppongono al precedente giuridico di Berlino che «pregiudicherà l’operato della polizia» e potrebbe estendersi ad altri Stati della Bundesrepublik.
Il divieto a trattamenti diversi copre i cittadini di qualunque Paese, compresi i milioni di migranti, e vale anche per le migliaia di agenti degli altri Land che puntualmente vengono distaccati a Berlino in occasione di grandi eventi o dimostrazioni: d’ora in poi saranno obbligati a mostrare «sempre» i numeri identificativi stampati sui pettorali.
Un segnale chiaro dopo la manifestazione di tremila persone davanti all’Ambasciata Usa a Berlino, la tempesta di scritte contro il Razzismo sui muri della città, il cambio «dal basso» del nome una stazione della metro ribattezzata pro-tempore «George Floyd Strasse».
* Fonte: Sebastiano Canetta, il manifesto
Foto di Farahim Gasimov da Pixabay
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