Il governo vara il «Family Act» e l’assegno unico
Un Welfare pulviscolare basato su bonus e incentivi vincolati alla ridefinizione delle agevolazioni fiscali per famiglie
Il Consiglio dei ministri ha varato il «Family Act» con il quale ha delegato il governo ad adottare misure a sostegno delle famiglie. La misura, sostenuta dalla ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti ha prodotto vari attriti tra i renziani di Italia Viva e il Pd. Il Pd chiedeva lo stralcio dal provvedimento dell’assegno unico familiare. «L’assegno unico andrà insieme al Family act, lo voteremo la prossima settimana in Parlamento» ha detto nel pomeriggio di ieri Graziano Delrio. In serata, invece, i renziani hanno detto invece che l’assegno unico non è stato stralciato. La legge delega sarà coordinata con le proposte all’esame del Parlamento. L’assegno dovrebbe essere approvato entro la prossima settimana in commissione. Il governo avrà tempo fino al 30 novembre per varare il decreto. Tempi più lunghi per la legge delega, anche fino a due anni.
L’ASSEGNO sarà mensile e sarà corrisposto dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del diciottesimo anno di età di ciascun figlio, ad eccezione dei figli disabili per i quali non sussistono limiti di età. Sarà corrisposto in denaro o mediante un credito d’imposta. Nel caso di figli successivi al primo, l’assegno subirà una maggiorazione del venti per cento, così anche nel caso di figlia o figlio disabile. L’importo avrà una base riconosciuta indipendentemente dal reddito, e una parte variabile a seconda dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee). Il suo importo non è stato ancora definito, si è parlato di 200 euro, non dovrebbe essere inferiore all’importo delle detrazioni di cui gode un nucleo familiare.
Gli otto articoli della bozza circolata ieri prevedevano una nutrita serie di bonus, agevolazioni fiscali, deduzioni e detrazioni. È stato stabilito ad esempio un periodo minimo non inferiore ai due mesi di congedo parentale non cedibile all’altro genitore per ciascun figlio. Si parla di un congedo obbligatorio non inferiore a dieci giorni lavorativi per il padre lavoratore nei primi mesi di nascita del figlio, a prescindere dallo stato civile o di famiglia del genitore lavoratore. È stato stabilito un permesso retribuito, di almeno 5 ore in un anno scolastico per i colloqui con i professori dei figli; prevista l’introduzione di modalità flessibili nella gestione di congedi, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e con la contrattazione collettiva.
PREVISTA un’indennità integrativa del 30% della retribuzione per le madri lavoratrici erogata dall’Inps, per il periodo in cui rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio. Le spese per le baby-sitter saranno deducibili in base all’Isee. Sono previsti incentivi ai datori di lavoro che stabiliscono modalità di lavoro flessibile. Ai genitori di figli con età inferiore a 14 anni è riconosciuto il lavoro agile. Ci sono anche misure per le piccole e medie imprese, in particolare per l’avvio delle nuove imprese start up femminili e all’accompagnamento per i primi due anni. Negli altri articoli sono stabiliti altri sostegni alle famiglie, mediante detrazioni fiscali delle spese sostenute per l’acquisto di libri universitari per ogni figlio maggiorenne a carico, iscritto all’università. Detrazioni per le spese degli affitti per i figli maggiorenni iscritti all’università. C’è anche il sostegno alle giovani coppie, a condizione che non superino i 35 anni. E ci sono anche agevolazioni per l’affitto della prima casa. Il governo si propone inoltre di riordinare le misure di sostegno per i figli a carico. In questa cornice intende erogare un buono per il pagamento delle rette degli asili nido e altri servizi per l’infanzia e l’assegno di natalità
QUESTO PULVISCOLO di misure è vincolato alla ridefinizione delle agevolazioni fiscali per la famiglia pari a circa 16 miliardi, un progetto da molti annunciato e mai fino ad oggi riuscito. In questa forma si rischia tuttavia di penalizzare le famiglie con redditi modesti. Occorrerebbe un fondo supplementare di almeno sette miliardi. In generale si conferma l’approccio al Welfare di tipo prestazionale e occasionale su base familiare, non a uno basato sull’accesso ugualitario e universale ai servizi.
* Fonte: Mario Pierro, il manifesto
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