Francia. «Soffoco»: la polizia ferma un rider e lo uccide come George Floyd

by redazione | 24 Giugno 2020 10:33

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Tecnica criticata dal ministro degli Interni Castaner dopo le proteste, a cui gli agenti invece non hanno intenzione di rinunciare

PARIGI. La registrazione evoca il caso di George Floyd: «Soffoco», «j’étouffe», ha gridato Cédric Chouviat, 42 anni, rider padre di 5 figli, morto il 5 gennaio 2020 in seguito alle violenze della polizia. Arrestato per un motivo non ancora chiarito sul Quai Branly mentre guidava uno scooter la mattina del 3 gennaio, placcato a terra con il casco in testa, immobilizzato con la tecnica del soffocamento, Cédric Chouviat, è morto due giorni dopo l’arresto per asfissia, con la laringe fratturata. Il quotidiano Le Monde e il sito di inchieste Mediapart hanno rivelato una serie di registrazioni realizzate al momento dell’arresto, una parte da Chouviat stesso e altre da una poliziotta presente. Secondo l’avvocato di due dei quattro poliziotti che hanno effettuato l’arresto, gli agenti «non hanno sentito» l’appello di Chouviat, che ha registrato il grido disperato con il proprio telefono. Ci sono registrazioni di 12 minuti che rivelano una dinamica movimentata, con gli insulti ai poliziotti e l’arresto violento.

Ieri, la famiglia ha chiesto al presidente Emmanuel Macron «un intervento che potrà metterci tutti d’accordo e contemporaneamente darci sollievo». La famiglia chiede che le tecniche del placcaggio ventrale e del soffocamento vengano davvero abolite: pur essendo state criticate persino dal ministro degli Interni Christophe Castaner come reazione alle manifestazioni per la verità sulla morte di Adama Traoré – un ragazzo di 24 anni deceduto in un commissariato nel 2016 – sono poi state riconfermate dal direttore della polizia, Frédéric Veaux, che ha suggerito ai suoi sottoposti di utilizzarle «con discernimento».

La famiglia chiede anche che i 4 poliziotti coinvolti vengano destituiti e giudicati per «violenze volontarie che hanno causato la morte». Per il momento, sono inquisiti per «omicidio involontario». L’avvocato della famiglia, il famoso William Bourdon, ha lanciato un appello “alla calma”. Il 2 e il 13 giugno, ci sono state manifestazioni per denunciare il razzismo e la violenza della polizia nel caso della morte di Adama Traoré, arrestato anche lui con le tecniche del placcaggio ventrale e del soffocamento dopo che aveva tentato di fuggire agli agenti. La polizia è anche accusata di effettuare controlli di identità troppo presenti, soprattutto ai danni di giovani e neri.

La questione della violenza delle forze dell’ordine, venuta in primo piano con la repressione del movimento dei gilet gialli, è ora rilanciata sull’onda della protesta negli Usa. Il 16 giugno, la brutalizzazione di un’infermiera, alla manifestazione del personale sanitario, ha fatto il giro del mondo. Ieri, un poliziotto è stato condannato a 18 mesi con la condizionale a Starsburgo per aver pestato una manifestante nel gennaio 2019. Sempre ieri, 4 poliziotti sono stati posti sotto controllo giudiziario per il pestaggio di gilet gialli.

In questi giorni ci sono state manifestazioni di scontento dei poliziotti, con gesti clamorosi come le manette gettate a terra, per protestare contro il governo e il ministro Castaner. Il sindacato Alliance (estrema destra) ha chiesto al Prefetto di far cancellare un murale realizzato a Stains, nella periferia parigina, dove sono ritratti George Floyd e Adama Traoré, sotto la scritta «contro il razzismo e le violenze della polizia». Il Prefetto spera di cavarsela chiedendo la cancellazione non di tutto il murale ma almeno del finale della frase («della polizia»). Tra i poliziotti l’indignazione è cresciuta anche a causa del fatto che a inaugurare il murale c’era il sindaco di Stains (in campagna elettorale per la rielezione), Azzedine Taïbi (Pcf).

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

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