Da oggi cominca la «Fase 3», ma con le regioni in ordine sparso

by redazione | 3 Giugno 2020 16:53

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La «fase tre», ovvero la riapertura della mobilità interregionale, avverrà da oggi senza un messaggio alla nazione del presidente del Consiglio Conte, né un nuovo «Dpcm». Si «riparte» all’insegna delle ingiunzioni paradossali che abbiamo imparato a conoscere nei mesi della quarantena: nulla è obbligatorio, tutto è volontario, anche se moralmente vincolante. Tutto è deciso a livello centrale, ma può essere interpretabile a livello locale. A seconda degli itinerari chi sceglierà di muoversi dovrà documentarsi sui controlli scelti dagli irrequieti e competitivi governatori. «È giusto – ha detto il ministro degli affari regionali Francesco Boccia – che ogni presidente di regione rafforzi i propri sistemi di controllo e di prevenzione sanitaria». Questo significa che, ad esempio, la mascherina sarà obbligatoria ovunque in Lombardia, Trentino o Friuli Venezia Giulia, ma non in Veneto. In Piemonte sarà obbligatoria anche nei parcheggi dei centri commerciali. È sparita l’autocertificazione per muoversi in città o tra le regioni, ma resteranno i divieti morali e simbolici di baciarsi e abbracciarsi anche tra padri, madri e figli separati da tre mesi tra le frontiere regionali anti-covid. Resta così in vigore il brocardo patriottico anti-assembramenti: «Se ami l’Italia mantieni le distanze».

IL SISTEMA delle tre «T» (tracciare testare, trattare) esiste in teoria, ma non in pratica. L’applicazione «Immuni» ieri è stata scaricata su 100 mila cellulari che operano con «Android» d era prima sugli «Iphone». Sarà adottata su base volontaria in Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia, poi in tutte le altre. In Sicilia da domani ci sarà la app «Sicilia Sicura». In Sardegna è stato deciso che, per ora, la patente dell’immunità non esiste, ma potrà essere sostituita da un’autocertificazione in cambio della quale chi vorrà passare l’estate sull’isola potrebbe ricevere un bonus-voucher. In cambio dovrà sottoporsi al test sierologico. In caso di positività passerà la vacanza in quarantena a proprie spese.

CHI DA OGGI sceglierà di muoversi da Sud a Nord, e viceversa, dovrà accettare la misurazione obbligatoria della febbre con i termoscanner ai varchi delle stazioni e degli aeroporti. Secondo il decreto firmato ieri dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli non potrà partire con una temperatura superiore a 37,5 gradi. Prevedibile un aumento delle circolazione in autostrada. A Napoli il Tar ha sospeso l’ordinanza in base alla quale i locali avrebbero potuto somministrare bevande e alimenti, anche da asporto, fino alla mezzanotte, e non fino alle 22. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, impegnato nella contesa con il governatore campano Vincenzo De Luca, ieri si è chiesto perché le regioni non si siano «attrezzate per fare test e tamponi a chi viene da regioni, come la Lombardia dove l’infezione non è fortissima ma è ancora esistente». Non c’è risposta alle grandi domande, ma in compenso ci sono i dati della Protezione civile secondo la quale ieri la maggior parte dei 318 tamponi positivi sono stati fatti in Lombardia, con 187 nuovi positivi, il 58,8% dei nuovi contagi. Nessun contagio in otto regioni: Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Umbria, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria, Sardegna. I decessi sono stati 55.

QUESTI DATI hanno permesso al governo di stabilire un cambiamento della fase nella nuova epoca pandemica dove è giunto il momento di correre «rischi ponderati» (lo ha detto il ministro della sanità Roberto Speranza) per fare «ripartire» un’economia avviata verso una recessione spaventosa che oscilla per ora da meno nove a meno 13 per cento del Pil. È necessario correre il rischio di contagiare e di essere contagiati per evitare che la forbice sia troppo negativa, o peggiore rispetto alla stima fatta dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Un sacrificio chiesto a una popolazione che ha permesso con il proprio auto-confinamento di diminuire la curva dei contagi. Ora è «il momento della protezione dell’economia – ha detto il ministro per gli Affari regionali Boccia – Bisogna aiutare soprattutto chi ha sulle spalle attività economiche e posti di lavoro». La protezione degli imprenditori, non quella di chi lavora per il loro profitto.

* Fonte: Mario Pierro, il manifesto[1]

 

Immagine di Gerd Altmann da Pixabay

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