by redazione | 24 Giugno 2020 15:15
MODENA. Da fuori sembra un albergo normale, ma se osservato dall’interno si riesce a scorgere quella che forse rappresenta la parte migliore dell’umanità. Siamo a Modena, dove in via Rainusso sorge l’Hotel Tiby. Già nel 2017 i titolari mettono a disposizione la struttura per ospitare molti richiedenti asilo in attesa di trovare un alloggio adeguato come per esempio case o abitazioni comuni. La prefettura chiama per chiedere una mano e l’Hotel Tiby risponde. Vengono subito aperte le porte a ghanesi, bengalesi e guineani. Poi in primavera, arriva il Covid. Il nord Italia è la parte più colpita: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Complessivamente, nella regione che ha dato i natali a Giuseppe Verdi, Vasco Rossi e Giovanni Pascoli, si è arrivati sino ad ora a ben 4.179 morti. Le vittime del coronavirus si è abituati a contarle, non a darle un nome e neanche un volto. Ieri sono morte 800 persone, l’altro ieri 750 e il giorno prima 600. Martedì scorso 500 e altrettante la settimana precedente. E’ così che si dice in TV. E’ così che si leggono i bollettini di guerra.
«Sono rimasto all’ospedale 8 giorni, poi quando ho cominciato a stare meglio mi hanno dimesso e sono venuto all’Hotel Tiby. Qui mi sento al sicuro». A raccontare tutto ciò da dietro la mascherina è Arun Amhadù, ragazzo ghanese prima dimesso dall’ospedale e poi trasferito all’Hotel.
Poco prima di metà aprile, al Policlinico di Modena i posti letto per continuare ad assistere anche i contagiati da Covid in stato di remissione scarseggiano. Quando la malattia si fa più debole e i sintomi iniziano ad attenuarsi, i pazienti ricoverati vengono trasferiti in altri reparti dell’ospedale, dove rimangono sino al giorno dell’effettiva scomparsa del virus. I malati gravi continuavano però a fare ingresso dal pronto soccorso e per curarli tutti era necessario creare più spazio, servirsi anche di quei reparti che prima erano destinati ai malati lievi in via di guarigione.
L’Hotel non è enorme, però è stato subito reso disponibile per far fronte all’emergenza. Ad accogliere i covid-positivi c’è Elena, un’infermiera del centro salute mentale di Modena che ha dato la disponibilità per occuparsi dei pazienti: «I nostri turni durano dalle 8 alle 20. Arrivano persone con esigenze e problemi diversi. Studiamo la loro storia, facciamo una valutazione della saturazione della temperatura e poi li accompagniamo in camera. Ci sono 100 camere a disposizione dei covid-positivi: al massimo sono state 45 le persone accolte, che sono andate calando di giorno in giorno. Sino a 10 giorni fa ce n’erano 22».
Le zone comuni sono la sala d’aspetto e quella da pranzo, che è molto grande: «Ad orari stabiliti, i nostri ospiti scendono qui a consumare i pasti 3 volte al giorno: colazione, pranzo e cena. Appena finito, disinfettiamo e sanifichiamo tutto». Poi c’è il magazzino, che prima era la sala riunioni dell’albergo: «E’ un locale un po’ improvvisato per la situazione. Qui appoggiamo il materiale sanitario (tute, visiere, camici, maschere, saponi) insieme a tutte le scorte alimentari».
Antonio si trova in isolamento all’Hotel Tiby dal 24 aprile: «Sono stato ricoverato al Policlinico il giorno di Pasqua e vi sono dovuto rimanere per 12 giorni. Il venerdì avevo la febbre alta e altri dolori vari lungo tutto il corpo, allora il giorno dopo ho fatto il tampone». Poi domenica arriva la brutta notizia della positività al Covid-19: «Ho chiamato subito l’ambulanza e mi hanno portato in ospedale. Dopo la remissione dei sintomi mi hanno trasferito in un reparto di medicina interna e dal 24 sono qua. Sto bene e tra poco potrò finalmente tornare a casa».
Roberta è invece in riabilitazione dal 22 aprile, ma la lotta al Covid è stata più dura: «Tornando da lavoro avevo la febbre a 39, così la mattina seguente ho chiamato la sorveglianza sanitaria e il giorno dopo ho fatto il tampone che ha avuto esito positivo. All’inizio sono rimasta a casa con febbre, dolori muscolari e fatica respiratoria». Allora il suo medico di fiducia le prescrive la terapia, ma Roberta non migliora e così va in ospedale: «Avevo la polmonite. Sono stata in terapia intensiva circa una settimana, poi nel reparto di malattie infettive. Quando ho cominciato a stare meglio mi hanno portata all’Hotel Tiby, dove mi sto riprendendo molto bene».
Anche Argentina, giovane mamma rumena Covid-positiva, si trova al Tiby dal 5 maggio: «Ero stanca e avevo la febbre, così ho fatto un prelievo sanguigno richiesto dall’azienda per cui lavoro. Ha dato esito negativo nonostante cefalea e dolori vari. Così dopo qualche giorno il mio medico mi ha fatto il tempone e ho scoperto di essere positiva. Tra poco tornerò a casa da mio marito e dai miei figli».
* Fonte:Riccardo Chiossi, il manifesto[1]
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