by redazione | 30 Maggio 2020 9:37
Trump li chiama “delinquenti”, il sindaco della città parla di un dolore lungo generazioni
NEW YORK. Derek Chauvin, l’agente di polizia bianco che ha ucciso l’afroamericano 46enne disarmato George Floyd, è stato arrestato per omicidio. Il vicepresidente del Consiglio comunale di Minneapolis, Andrea Jenkins, ha dichiarato che Floyd e Chauvin non erano estranei ma si conoscevano da anni: avevano lavorato per la sicurezza nello stesso night club.
Chauvin è solo uno dei quattro poliziotti coinvolti nell’omicidio e il suo arresto è avvenuto 100 ore dopo l’omicidio e dopo che le proteste per l’uccisione di Floyd sono diventate una rivolta e si sono estese ad altre città degli Stati uniti.
Durante la notte un distretto di polizia di Minneapolis è stato bruciato, i manifestanti hanno eliminato le barricate tirate su in fretta e furia dagli agenti, hanno sfondato una porta e sono entrati mentre il fuoco si diffondeva all’esterno. Fuori, dozzine di altre persone lanciavano fuochi d’artificio gridando nei megafoni «No Justice, No Peace». Una scena apocalittica come negli Stati uniti non se ne vedevano da fine anni ’60, ben più violenta di ogni protesta Black Lives Matter vista recentemente.
Durante la notte Trump è intervenuto tramite Twitter, chiamando i manifestanti delinquenti, puntando il dito contro la «totale mancanza di leadership» di Minneapolis e attaccando il sindaco Jacob Frey definito da The Donald un «debole di estrema sinistra». Trump si è poi rivolto al governatore del Minnesota Tim Walz per ricordargli che l’esercito è con lui. Ha concluso scrivendo: «Se iniziano i saccheggi, iniziamo a sparare».
Questa frase è la citazione di un’espressione pronunciata dal capo della polizia di Miami Walter Headley nel 1967, durante una conferenza stampa. Headley, per intenderci, era uno che si vantava di avere assunto agenti neri, ma che solo i bianchi potevano essere chiamati «poliziotti», i neri venivano chiamati «pattugliatori».
Frey ha risposto a Trump in una conferenza stampa notturna: «Debolezza è rifiutare di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. È debole chi punta il dito su qualcun altro in un momento di crisi. Donald Trump non sa nulla della forza di Minneapolis. Siamo forti. È un periodo difficile? Sì. Ma stia sicuro, ce la faremo».
Ha poi spiegato di aver ordinato alla polizia di lasciare il distretto prima che fosse invaso dai manifestanti in quanto «il simbolismo di un edificio non può superare l’importanza della vita, dei nostri ufficiali o del pubblico», e ha difeso la sua linea di condotta che rifiuta di usare il pugno su una comunità oppressa da 400 anni.
La stessa linea è seguita anche dal governatore democratico del Minnesota Tim Walz: in una conferenza stampa estremamente emotiva tenuta la mattina dopo la rivolta, ha dichiarato che i disordini che hanno destabilizzato Minneapolis e St. Paul questa settimana sono il risultato di «generazioni di dolore, di angoscia» per il razzismo nelle attività di polizia e ha fatto riferimento a Philando Castile e agli altri neri morti nel suo Stato per mano della polizia. «Le loro voci sono rimaste inascoltate e ora generazioni di dolore si stanno manifestando di fronte al mondo – ha detto Walz – E il mondo sta guardando».
Manifestazioni si sono svolte anche a Detroit, Chicago, Los Angeles, Columbus, a New York e a Louisville in Kentucky dove la protesta, diventata violenta, è esplosa intorno all’uccisione di Breonna Taylor, paramedica 26enne afroamericana: il 13 marzo gli agenti avevano fatto irruzione nella sua casa uccidendola con otto colpi di pistola, convinti si trattasse dell’abitazione di un ricercato per reati di droga.
Sulle rivolte è intervenuto anche l’ex presidente Barack Obama che ha fatto riferimento alla pandemia di coronavirus: in questo momento gli americani vogliono «tornare alla normalità, ma dobbiamo ricordare che per milioni di americani essere trattati in modo diverso a causa della razza è tragicamente, dolorosamente, esasperatamente normale, sia che si tratti di avere a che fare con il sistema sanitario o di interagire con il sistema giudiziario o di fare jogging strada, o semplicemente di guardare gli uccelli nel parco. Questo non dovrebbe essere normale nel 2020 in America».
A differenza di altre gestioni di una situazione simile, in Minnesota le autorità al momento stanno cercando di porsi in ascolto di quello che è il grido di dolore della comunità nera, senza distinguo sulle modalità usate per ottenere un minimo di giustizia in una nazione dove il razzismo istituzionalizzato è storia dell’altro ieri quando, come ha spiegato l’attore afroamericano Chris Rock, «mia madre per farsi curare andava dal veterinario ed entrava dalla porta sul retro altrimenti i bianchi non ci avrebbero portato più i loro animali».
* Fonte: Marina Catucci, il manifesto[1]
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