Salgono morti e contagi, metà sono in Lombardia. Il caso dei tamponi

by redazione | 20 Maggio 2020 12:25

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MILANO. Al secondo giorno della Fase 2, la curva epidemica italiana torna a crescere registrando +162 vittime e un +813 casi positivi (lunedì erano +451). Numeri influenzati principalmente dal trend negativo di quasi tutte le regioni del Nord. Prima – con la metà della cifra totale – la Lombardia: 462 nuovi casi accertati (lunedì +175). Seguono il Piemonte (+108 ieri, +72 lunedì), la Liguria (+66) l’Emilia Romagna e il Veneto, entrambe a +47. Cifre significative che potrebbero, però, essere influenzate dal considerevole incremento di tamponi su tutto il territorio nazionale: oltre 63mila nella giornata di ieri, 34mila appena 48 ore fa.

È PROPRIO IN TEMA di screening e mappatura dei contagi, ritenuti dagli esperti l’unica via verso il ritorno progressivo alla normalità, che la Lombardia mostra un’altra delle sue criticità. Ripartire sì, ma il prezzo dei controlli non è uguale per tutti. Con la deliberazione della giunta regionale n. XI/3132/2020, infatti, Fontana e i suoi assessori hanno dato il via libera al rimborso dei tamponi effettuati privatamente e a seguito di un test sierologico positivo, ma solo nel caso anch’essi risultino positivi. Insomma: se il tampone, imposto ai cittadini dall’Iss in caso di positività del sierologico, è negativo, sarà il cittadino a dover pagare di tasca propria.

Una scelta che molti hanno considerato come un disincentivo a effettuare il test, oltre che un espediente tutto lombardo per ovviare alla mancanza di servizi di medicina sul territorio. A questo si aggiunge lo scetticismo che la Regione ha sempre mostrato verso l’affidabilità dell’esame, passando svariate volte dal definirlo «una patente d’immunità» a «del tutto inutile».

LA NOVITÀ VOLUTA del Pirellone è stata inserita nelle risposte alle domande più frequenti (Faq) sul sito della Regione facendo infuriare le opposizioni. Il gruppo consiliare Pd ha infatti presentato una mozione per chiedere un cambio di strategia. «Il Partito Democratico chiede che la Regione esegua a proprio carico, nell’ambito del servizio sanitario regionale, i tamponi molecolari di controllo a chi ha un test sierologico positivo agli anticorpi, la sorveglianza attiva e il tracciamento dei contatti delle persone risultate contagiate dal virus», si legge nella nota diffusa dai dem, che chiedono anche che venga fissata una tariffa standard da parte dei laboratori privati.

NELLA LISTA DI STRUTTURE private – circa una trentina in tutta la regione – la forbice di prezzo per le analisi anti-Covid è ampia. Si va da un minimo di 25 euro a un massimo di 95 per il test sierologico e da un minimo di 60 a un massimo di 110 euro per il tampone. «La Regione Lombardia non ha mai creduto nello screening di massa come metodo per fermare il contagio, a differenza di altre Regioni che sono così riuscite a contenere molto meglio i focolai», ha spiegato il capodelegazione Pd in commissione sanità, Gian Antonio Girelli.

«Ora siamo alla prova delle riaperture e chiediamo che, soprattutto per chi torna al lavoro, a contatto con colleghi e clienti, ci sia un controllo pubblico e gratuito, da parte delle Ats, che possano così tenere sotto controllo il virus».

UNA NUOVA ACCUSA, dunque, di voler caricare sulle spalle dei lombardi il peso economico della sorveglianza sanitaria. «Quei 21 milioni di euro spesi per l’Astronave (il Covid Hospital alla Fiera di Milano) potevano essere investiti per fare più tamponi nella prima fase del contagio e per tutelare meglio operatori sanitari e ospiti delle rsa», accusa Riccardo Germani, portavoce dei Cobas della Lombardia che ieri ha firmato un esposto alla Procura di Milano per accertamenti sull’ospedale della Fiera.

La denuncia, che dovrebbe finire sul tavolo del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, sottolinea «l’esistenza di criticità, con profili di possibile interesse della magistratura, anche penale, che meritano di essere approfonditi da parte dei soggetti competenti». Secondo Germani si è trattato di «necessità propagandistica a scapito della salute pubblica. Per questo l’intervento della magistratura è doveroso: servirà a fare luce sul perché di questa scelta, la Fiera, e sulle possibili connessioni con le dinamiche partitiche della Lega, che ai vertici dell’Ente ha alcuni dei suoi fedelissimi». Uno tra tutti, Giulia Martinelli, ex capo della segreteria di Fontana ora vice-presidente della Fondazione, ed ex compagna di Matteo Salvini.

* Fonte: Francesca Del Vecchio, il manifesto[1]

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