Business militare italiano. Boom di armi all’Egitto, da 69 a 871 milioni

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Tra le vendite del 2019, 32 elicotteri al regime di al-Sisi. Che intanto ha arrestato un altro giornalista

La schizofrenia dei dati sulla vendita di armi nel 2019, con il governo giallo-verde del Conte 1, è solo apparente. Il rapporto di Rete Disarmo che anticipa la Relazione governativa annuale sull’export di armamenti, appena inviata al parlamento, ribadisce la “normalità” del business militare.

Due i dati che saltano agli occhi: i due terzi delle vendite sono state dirette a paesi extra Ue ed extra Nato; l’Egitto è il primo paese al mondo per acquisto di armi italiane con un boom senza precedenti.

Sul primo fronte i numeri parlano di un anno in linea con il precedente: 5,174 miliardi di euro in autorizzazioni all’export per le aziende italiane (appena un -1,38% rispetto al 2018), di meno rispetto al triennio d’oro 2015-2017, ma che – scrive Rete Disarmo – sono frutto dell’effetto traino: «Si tratta dell’80% in più rispetto ai valori del 2014 per cui si può affermare che le esportazioni record del 2015-2017 hanno trascinato le commesse per l’industria militare italiana su un livello superiore a quello di inizio secolo, con ben 84 paesi destinatari».

Di questi cinque miliardi, il 62,7% è destinato a paesi extra europei ed extra Patto atlantico, tra cui Egitto, Algeria, Turkmenistan e Brasile: «Due terzi dei sistemi militari esportati sono destinati a paesi che non fanno parte delle alleanze politiche, economiche e militari dell’Italia, come Ue e Nato – ci spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle armi Opal di Brescia – Dimostra, ancora una volta, che i prodotti della cosiddetta “industria della difesa” servono molto poco alla difesa comune. Spesso sono forniture militari che sostengono regimi autoritari e repressivi e alimentano conflitti contribuendo all’instabilità di intere regioni. Negli ultimi anni il parlamento ha dedicato scarsissima attenzione all’esame della Relazione governativa: è ormai improrogabile un esame approfondito, noi siamo disponibili per audizioni».

Seguito dal regime turkmeno con 446,1 milioni, in testa c’è l’Egitto con 871,7 milioni di euro in autorizzazioni alla vendita. Nel 2018 erano state autorizzate licenze per 69 milioni di euro, con il Cairo terzo in classifica dei paesi extra Ue e decimo in via generale. Nel 2017 ci si fermava a 7,4 milioni, nel 2016 7,1.

In appena quattro anni il valore dell’export militare italiano verso il regime di al-Sisi è centuplicato. Tra le vendite che spiegano l’ultimo valore, ci dice Francesco Vignarca di Rete Disarmo, ci sono 32 elicotteri: «Lo scrive la stessa Presidenza del Consiglio. Di questi 24 sarebbero Aw149 e il resto Aw189, elicotteri per operazioni di search&rescue, ma che possono anche trasportare truppe ed essere armati. Se sono per uso civile, allora perché chiedere l’autorizzazione militare?».

Elicotteri Leonardo, l’azienda italiana che li produce. E che dimostrerebbe quanto anticipato dal manifesto lo scorso 5 febbraio sulla vittoria da parte di Leonardo di una commessa per venti Aw149, più una decina in opzione, al Cairo. Valore stimato (ma mai confermato dalla società) 600-900 milioni di euro.

Le due navi militari Fremm della Fincantieri, di cui scrivemmo nello stesso articolo, non compaiono nel rapporto relativo al 2019: «Se saranno davvero vendute – continua Vignarca – il prossimo anno assisteremo all’ennesimo boom».

Nel frattempo l’Egitto resta il paese delle sparizioni forzate, dei 60mila prigionieri politici – tra cui lo studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki – e della repressione istituzionalizzata. È di questi giorni l’ultimo arresto di un giornalista: Haisam Hasan Mahgoub, reporter del noto al-Masry al-Youm, è stato portato via dalla sua casa al Cairo, sentito dal magistrato e accusato di finanziamento di gruppo terroristico e diffusione di notizie false (accusa che pesa anche su Zaki, sempre più utilizzata).

Secondo le organizzazioni internazionali, sarebbero oltre 60 i giornalisti dietro le sbarre in Egitto. E sarebbero almeno una decina le persone arrestate per post sulla questione Covid-19, usata dal regime di al-Sisi pochi giorni fa per far entrare in vigore 18 emendamenti che rafforzano ulteriormente i poteri della presidenza: ordinare arresti, confiscare proprietà senza l’autorizzazione di un giudice, chiudere scuole, università e imprese private e pubbliche e vietare ritrovi pubblici.

* Fonte: Chiara Cruciati, il manifesto

Foto di tksaint da Pixabay



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