Asgi: «La regolarizzazione dei migranti è dovere giuridico di uno stato di diritto»
La richiesta al governo di oltre 300 associazioni: «La concessione del permesso di soggiorno di almeno un anno fa emergere il lavoro nero e l’illegalità. Ma va estesa anche per la ricerca di occupazione»
L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) sostiene una regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale svincolata dal contratto di lavoro e dai diversi settori di impiego. Per non selezionare le persone «sulla base dei soli bisogni del mercato del lavoro italiano ma dare visibilità giuridica e dunque dignità», ha scritto di recente. Circa tremila singoli – tra cui Luigi Ciotti, Roberto Saviano, Enrico Pugliese, Ida Dominijanni – e più di 300 associazioni – tra le tante Arci, Libera, Oxfam – hanno firmato la proposta di provvedimento. L’avvocato Lorenzo Trucco è presidente di Asgi.
Il capo politico del movimento 5 Stelle Vito Crimi, insieme alle destre, è contrario alla regolarizzazione. Ieri mattina ha affermato che «concedere permessi di soggiorno temporanei agli immigrati irregolari fa aumentare il lavoro nero». È proprio così?
È esattamente l’opposto. Proprio quest’emergenza fa risaltare in maniera devastante le disuguaglianze e l’illegalità in cui molte persone vivono. Portare avanti la regolarizzazione è dovere di uno stato di diritto. Si tratta non solo di far uscire dall’illegalità, ma di restituire dignità giuridica a queste persone. I valori della Costituzione non sono astratti. L’articolo 3 sull’uguaglianza delle persone o l’articolo 2 sulla loro dignità sono concetti che stabiliscono le fondamenta del nostro stare insieme. Si tratta di valori assolutamente concreti. È proprio ai fini di far uscire da una situazione di illegalità e lavoro nero che mettere in regola queste persone è un dovere di civiltà giuridica dello stato.
Asgi, insieme a 3 mila firmatari, ha proposto un provvedimento di regolarizzazione degli stranieri presenti sul territorio diverso da quella della ministra Bellanova. Perché non siete d’accordo con la sua proposta?
Abbiamo ritenuto di portare avanti una proposta più larga. Non è assolutamente giusto limitare la questione a determinati settori produttivi solo per rispondere alle esigenze di utilizzo della manodopera. Dobbiamo considerare queste persone come soggetti di diritto, non solo braccia per il lavoro. Quindi da un lato proponiamo l’emersione dal lavoro irregolare precario, ma dall’altro anche il rilascio del permesso di soggiorno per ricerca occupazione, con l’obiettivo di svincolare la persona straniera da possibili ricatti e da quel mercato dei contratti che ha contraddistinto tutte le pregresse regolarizzazioni. La grande adesione ricevuta ci ha colpito. Dimostra che in questo paese la società civile è più avanti della politica.
Che tipo di permesso di soggiorno dovrebbe essere concesso?
Un permesso di almeno un anno. Per lavoro se è in corso un rapporto di lavoro o altrimenti per ricerca occupazione. In entrambi i casi il permesso deve essere rinnovabile e convertibile. Uno dei problemi del nostro sistema riguarda gli sbarramenti alla convertibilità dei tipi di permessi. Occorre che, ad esempio, uno per lavoro possa essere trasformato in studio o famiglia. Servono tipologie di permessi stabili perché uno dei problemi centrali che ha sempre caratterizzato la situazione degli stranieri in Italia è l’assoluta precarietà. Nel nostro sistema non abbiamo forme di regolarizzazione permanente, come in altri paesi, dunque lo scopo del provvedimento deve essere far emergere il maggior numero di situazioni di illegalità e mancanza di dignità.
Avete parlato dell’obiettivo di garantire il diritto alla salute come bene individuale e collettivo. Che rapporto ha con la regolarizzazione dei migranti?
Il diritto alla salute è uno dei diritti fondamentali della nostra Costituzione. Essere in possesso di un titolo di soggiorno permette di usufruirne a pieno. La persone che non hanno il permesso hanno accesso alle cure necessarie e urgenti, e questo è un buon dettame, ma non dispongono del diritto a tutta una serie di prestazioni. Come il medico di base, cioè uno degli elementi che nell’emergenza coronavirus sta diventando centrale per la tutela del diritto alla salute. Sia dei cittadini italiani che stranieri, perché il diritto alla salute non è separabile. È un diritto assoluto e l’emergenza Covid ne è un’ulteriore dimostrazione.
* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto
Related Articles
Il mistero del 2015 “Quei 45mila scomparsi come in una guerra”
L’Istat: decessi aumentati dell’11%, ai livelli degli anni Quaranta E gli esperti si interrogano: ci ammaliamo di più o ci curiamo peggio?
La Turchia s’infiamma per Berkin ucciso a 15 anni
Ferito a Gezi Park, era divenuto un simbolo. Proteste e scontri: “ Erdogan assassino”
Dalla Cina al Senato, la rete del compagno Greganti
Greganti, le relazioni a Palazzo Madama e la consulenza con la cooperativa che sta costruendo il padiglione di Pechino