Mediterraneo. Sulla nave Alan Kurdi in 150 naufraghi: «Abbiamo bisogno di un porto»

Mediterraneo. Sulla nave Alan Kurdi in 150 naufraghi: «Abbiamo bisogno di un porto»

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Nel Mediterraneo centrale c’è una sola nave umanitaria e da diverse ore è alla ricerca di un porto sicuro. Lunedì la Alan Kurdi, della Ong tedesca Sea-Eye, ha salvato 150 persone in due diverse operazioni. Nel pomeriggio di ieri i governi italiano e maltese hanno negato l’autorizzazione allo sbarco sulla base dell’attuale emergenza sanitaria. In serata, però, in un lancio dell’agenzia AdnKronos un «ministro di prima linea del governo Conte», di cui non è rivelato il nome, ha ventilato l’ipotesi del trasferimento dei migranti su una nave della Croce rossa italiana (Cri), che dovrebbe fare rotta su Palermo e ospitarli durante la quarantena. Secondo il ministro l’emergenza sanitaria dovrebbe perfino aprire una riflessione intorno alla possibilità di non considerare più l’Italia un porto sicuro.

IL PRIMO SALVATAGGIO della Alan Kurdi è avvenuto lunedì mattina, intorno alle 11 italiane, su segnalazione di Alarm Phone, che riceve le richieste d’aiuto dai migranti in difficoltà e le inoltra ad autorità competenti e imbarcazioni vicine. La nave umanitaria, che risponde agli ordini della capitana Bärbel Beuse, si è diretta sul luogo indicato. Lì ha incrociato una motovedetta libica che ha esploso dei colpi di arma da fuoco in aria.

«LE PERSONE VIAGGIAVANO su una barchetta di legno, si sono spaventate per gli spari, si sono tuffate in acqua e hanno provato a nuotare verso la nostra nave», racconta Sophie Weidenhiller, portavoce dell’Ong. La motovedetta si è poi allontanata e il salvataggio si è concluso con maggiore tranquillità.

sea-eye@seaeyeorg

Gestern hat die Crew der 150 Menschen aus Seenot gerettet.

Auch wenn Europa vor großen Herausforderungen steht, müssen geschützt werden.

Jetzt brauchen die Gäste an Bord einen sicheren Hafen.

Video incorporato

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Nel frattempo Alarm Phone aveva diffuso una seconda richiesta di aiuto. Più vicina della Alan Kurdi si trovava in quel momento la Asso Ventinove, un rimorchiatore che al momento viaggia sotto bandiera italiana. «Per le sue dimensioni la nave mercantile italiana sarebbe stata più adatta a trarre in salvo le 82 persone, tra cui una donna incinta», scrive Sea-Eye.

INVECE LA ASSO VENTINOVE si è rifiutata di intervenire e ha negato qualsiasi responsabilità. Secondo il comunicato della Ong la giustificazione fornita è che «doveva sorvegliare le vicine piattaforme petrolifere nel caso di un possibile incidente». Questa seconda operazione si è conclusa intorno alle 18. Rispettivamente sono state tratte in salvo 68 e 82 persone (di cui 38 minori). Vengono da Siria, Somalia, Bangladesh, Algeria, Marocco, Somalia e da vari paesi dell’Africa subsahariana. Fuggivano dalla Libia.

LA ALAN KURDI, secondo il protocollo, ha informato della situazione Italia, Malta e le autorità dello Stato di cui batte bandiera, la Germania. Inizialmente lo sbarco è stato vietato, ma nella serata di ieri è stata resa pubblica l’ipotesi al vaglio del governo del trasferimento sulla nave della Cri, con il coordinamento della Protezione civile. Lunedì, comunque, nel porto di Lampedusa era approdato autonomamente un «barchino» con a bordo 34 persone. Il sindaco dell’isola Salvatore Martello ne ha regolarmente disposto la quarantena all’interno dell’hotspot. La struttura era completamente vuota, al pari di quelle analoghe di Messina e Taranto. Da tre settimane, infatti, non si registravano sbarchi di alcun tipo, probabilmente a causa del maltempo.

DESTA APPRENSIONE, invece, la sorte di un’altra imbarcazione in difficoltà segnalata sempre da Alarm Phone. Sarebbe alla deriva da due giorni con 80 persone a bordo. Secondo le informazioni raccolte, avrebbe lasciato le coste libiche nella notte tra domenica e lunedì. La prima comunicazione con Alarm Phone è avvenuta lunedì pomeriggio intorno alle 16, l’ultima circa 24 ore dopo. Nonostante l’allarme diffuso durante tutta la giornata di ieri, però, non sono intervenute né le autorità maltesi né quelle italiane.

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto



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