A New York i poveri sono seppelliti dai detenuti in un’isola-cimitero
Intanto i governatori si organizzano: consorzio di Stati per acquistare materiali medici bypassando il presidente ostruzionista Trump
NEW YORK. Hart Island fa parte del piccolo arcipelago delle Isole Pelham, all’estremità occidentale del Bronx, a New York City. Da oltre 150 anni viene utilizzata per seppellire chi non può permettersi funerali o posti al cimitero: ci sono sepolti i resti di oltre un milione di persone anche se dal primo decennio del XXI secolo le sepolture erano meno di 1.500 all’anno. Prima della pandemia.
A essere sepolti in quell’isola sono prevalentemente i senzatetto e gli indigenti, la fascia sociale più colpita dal virus. Le statistiche dicono che se prima del Covid-19 si trattava di 25 sepolture la settimana, ora si parla di oltre 30 al giorno.
A svolgere il lavoro sono i detenuti del carcere di Rikers Island, dove si consuma un dramma parallelo, comune ad altre prigioni, dove il virus a gioco facile. A Rikers Islands il tasso di contagi potrebbe essere nove volte superiore alla media già altissima della città. Il 30 marzo la Società per la consulenza legale di New York parlava di 36 detenuti su mille positivi al test del coronavirus, nel resto della città il rapporto era quattro su mille.
Ciò che il virus sta evidenziando nella patria del capitalismo mondiale è che una pandemia non coinvolge tutta la popolazione nello stesso modo. Le classi sociali più svantaggiate, senzatetto e indigenti sono i più esposti di tutti al contagio e il numero di malati e di decessi in questa porzione di newyorchesi non si sta stabilizzando, come invece sta accadendo in fasce diverse.
Nonostante i numeri impressionanti il sistema implementato nello Stato e nella città di New York al momento sembra reggere, i ricoveri sono in calo e gli ospedali da campo non hanno raggiunto neanche lontanamente la massima capienza.
Durante le conferenze stampa quotidiane il governatore Andrew Cuomo inizia a esprimere un cauto ottimismo riguardo la tenuta del sistema sanitario e ha spiegato come gli ospedali da campo costruiti ovunque siano stati una mossa cautelativa basata sulle previsioni scaturite dai dati iniziali. «Il mio compito è ascoltare gli esperti – ha detto Cuomo – e cercare soluzioni. La soluzione che abbiamo trovato ha fatto sì che non ci sia bisogno, al momento, di questi letti. La distanza sociale e l’isolamento stanno funzionando».
Il problema, ora, ha spiegato Cuomo, è cominciare a pensare a una seconda fase di riapertura, per quanto lontana: dipende dal numero di test che possono essere fatti. «Abbiamo bisogno di milioni di test solo nello Stato di New York; come autorità locali tra poco saremo grado di produrne 2mila al giorno. Uno sforzo enorme per una goccia nell’oceano. Abbiamo bisogno dell’aiuto federale, che il presidente faccia riconvertire le ditte alla produzione di test diagnostici e tamponi, senza i quali nessuna riapertura è possibile».
Trump ha più volte invitato i governatori a cavarsela da soli senza aspettarsi un aiuto federale, invito però che non considera i limiti dei poteri locali. Il governatore di New York si riferisce ancora una volta al Defence Production Act che impone la riconversione della produzione delle fabbriche in materiali necessari per la nazione; in questo caso, oltre respiratori e mascherine, anche tutti gli agenti per i test immunologici e per i tamponi.
Senza questa produzione il sistema attuale prevede che gli Stati siano in concorrenza tra loro, con il governo federale e con soggetti stranieri e privati per acquistare le forniture. I governatori hanno per questo chiesto a Trump che il governo federale acquisti i materiali per poi redistribuirli in proporzione alla gravità del problema, Stato per Stato. La Casa bianca, però, non vuol sentir parlare né di Defence Production Act né di farsi carico dei materiali sanitari.
Per cercare di ovviare allo stallo, dopo settimane in cui gli Stati combattevano l’uno contro l’altro e contro il governo federale, alcuni governatori stanno mettendo in piedi un «consorzio multi-stato» che aumenterebbe il loro potere d’acquisto, taglierebbe la concorrenza e procurerebbe rapidamente rifornimenti alle aree più bisognose.
Cuomo, vicepresidente della National Governor’s Association, ha riferito ai giornalisti che sono in corso riunioni tra i governatori per unirsi in un gruppo. Ha definito il consorzio «Opzione B». California, Washington State, New York, New Jersey, Connecticut, Maryland, tutti Stati che hanno già formato coalizioni in opposizione alle politiche di Trump, come il controllo delle armi, il trattato di Parigi, gli Stati santuario.
* Fonte: Marina Catucci, il manifesto
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