by Roberto Ciccarelli * | 27 Marzo 2020 9:09
Una crepa nel muro. La Bce fa partire il «Qe» da 750 miliardi di euro, acquisti senza limiti contro la pandemia
Dopo un braccio di ferro durato sei ore il consiglio europeo con i capi di stato ha raggiunto una prima intesa sul coordinamento delle politiche economiche contro gli effetti del coronavirus. Giunti a metà della videoconferenza i governi italiano e spagnolo hanno rifiutato i contenuti della bozza d’intesa dove era stato saltato il riferimento al Meccanismo europeo di stabilità (Mes-Fondo Salva Stati nell’opzione uscita dall’Eurogruppo martedì scorso: un prestito condizionato solo all’emergenza in corso e interessi da pagare sulla lunga scadenza. Ad avere provocato l’interruzione delle trattativa è statal’assenza di un riferimento ai «coronabond», ieri ribattezzati da Conte al Senato con l’anglo-tecnicismo «European recovery bond», uno strumento di debito comune dell’Eurozona. Questi titoli sarebbero finanziabili richiedendo l’intervento del Fondo Salva Stati, ma senza condizioni. A sua volta, la richiesta azionerebbe lo scudo anti-spread (Omt) predisposto e mai usato dalla Banca Centrale Europea dal 2012. Si tratta di una ipotesi macchinosa, ideata perché non è possibile oggi proporre una riforma della Bce come prestatrice di ultima istanza.
L’ASSENZA di un riferimento a quello che il ministro dell’economia Roberto Gualtieri ha definito ieri uno «strumento di debito comune» ha convinto Conte, insieme al premier spagnolo Pedro Sanchez, a dare ai partner europei dieci giorni per trovare una soluzione. È stato proposto a un gruppo di cinque capi di stato il compito di elaborare una nuova proposta e ripresentarla in un consesso che ieri si è presentato diviso sia sulla tattica che sulla strategia economica da seguire nell’immediato e in prospettiva. In realtà, questa specie di ultimatum è stato lanciato mentre il vertice era ancora in corso, ed è sembrato un modo per condizionarlo con un atto forte, cercando di segnare un punto in una trattativa che continuerà a lungo. In serata, c’è stato un diplomatico aggiramento del problema.
ALLA DICHIARAZIONE finale dei leader Ue sarebbe stato aggiunto un paragrafo che dà ai governi due settimane di tempo per avanzare proposte per un’azione coordinata di bilancio volta a contrastare gli effetti della pandemia. Un modo per prendere altro tempo e rimediare allo strappo che, a un certo punto della serata di ieri, è sembrato inevitabile dal lato italiano e spagnolo. La conferma è arrivata anche dal navigato olandese Mark Rutte che guida il «fronte del Nord» contro la lega dei nove che ha sottoscritto una lettera all’Eurogruppo dove chiede l’adozione di una nuova politica economica, con gli strumenti ancora a disposizione da parte dell’Unione Europea. « Ogni Stato membro deve adottare le misure necessarie a livello nazionale, ma stiamo facendo passi anche per sostenerci l’un l’altro e le nostre economie a livello europeo» ha detto Rutte,
LA SITUAZIONE è SEMBRATA precipitare a seguito di un attacco di Kurz contro l’ipotesi «Eurobond-Coronabond»: «Respingiamo una mutualizzazione generalizzata dei debiti». A Kurz ha preparato il terreno al ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz che ha affondato il colpo: «Non ritengo che gli Eurobond siano lo strumento giusto» ha detto. A quel punto Conte è sbottato: «Se gli aiuti gli saranno come in passato, facciamo da soli». A un certo punto ci si è chiesto come e con quali risorse. Conte ha specificato di non avere chiesto «una mutualizzazione e del debito pubblico. Ciascun paese risponde per il proprio debito pubblico e continuerà a risponderne. L’Italia ha le carte in regola: il 2019 è stato chiuso con un rapporto deficit/Pil di 1,6 anzichè 2,2 come programmato». Per rafforzare l’ipotesi di un’improbabile via autarchica, il ministro degli Esteri Di Maio si è fatto intervistare dal Tg1lodando l’intemerata di Conte. Il governo sembrava andare in ordine sparso quando Pd ha fatto sapere di essere «stupito» dalla reazione di Di Maio.
NEL FRATTEMPO il vertice proseguiva. E la reazione che ha vellicato un senso dell’abbandono da parte dell’«Europa», e del vittimismo nazionale contro il Fronte del Nord, già venive alimentata nei talk show di prima serata. Era una mossa per tenere il punto nelle prossime due settimane. Al di là della sceneggiatura, è forte l’impressione che si sia ancora all’«ognuno per sé» che la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen ha visto all’inizio della crisi che ha prodotto uno «choc senza precedenti». «È fondamentale dimostrare determinazione adottando misure rigorose, e collaborando in modo stretto nell’Ue, per contenere il diffondersi del Covid-19» ha scritto su twitter il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz.
LA BCE ha lanciato ieri il programma di acquisto dei titoli «Qe» da 750 miliardi. È stato eliminato il limite agli acquisti di debito di ciascun paese – era del 33% – e di ciascuna emissione, ha deciso acquisti da 70 giorni a trent’anni estesi anche ai titoli greci, ha definito un pari trattamento dei suoi titoli rispetto agli investitori privati. La liquidità esiste, ma non basta ad assicurare la fiducia, elemento ritenuto fondamentale da Keynes in una crisi economica. Manca un elemento decisivo: la visione, le norme comuni, una solidarietà. La politica.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto[1]
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