La finanza ha preso il virus. Comincia la fase «orso» del capitalismo
Milano la peggiore piazza , ha pesato il decreto che ha istituito sabato la “zona rossa” in Lombardia e nelle altre province. Voci di chiusura di Piazza Affari smentite dalla Consob. Il ministero dell’economia: “E’ l’effetto delle misure restrittite prese nelle regioni di grande rilevanza sul paese”
In una giornata di rivolte e morti nelle carceri, di dolore e fatica del lavoro negli ospedali contro il contagio da coronavirus, di chiusura e ripiegamento allibito di una società costretta ai domiciliari, ieri abbiamo visto il capitalismo finanziario e industriale subire il peggiore rovescio dal crollo della Lehman Brothers che segnò l’inizio della crisi del 2008. Un’altra crisi che ha preso la forma di un virus ha fatto un bagno di sangue nelle borse europee con Piazza Affari a Milano che ha chiuso con un ribasso dell’,11,7%, bruciati 51 miliardi di capitalizzazione su 608 complessivi in Europa. La doppia cifra negativa non si vedeva a Milano dall’annuncio del voto sulla Brexit del 2016 : -12,5%. Lo spread è schizzato di 43,8 punti a 225 punti, con il rendimento del decennale che è volato sopra all’1,41%. Francoforte ha perso il 7,9%, Parigi l’8,39%, Londra il 7,69%. In Cina, Shanghai ha ceduto il 3,01%, Shenzen il 3,79%. A Wall Street il Dow Jones ha perso l’8,04%, il Nasdaq il 6,80%, S&P 500 il 7,56%.
IL PANICO è montato anche negli Stati Uniti dove gli Stati di New York, California e Oregon hanno dichiarato lo stato di emergenza, mentre su Twitter il presidente Trump cercava di calmare le acque finanziarie agitate twittando sulle «fake news» responsabili a suo avviso del forte ribasso della borsa «Lo scorso anno 37 mila americani sono morti per comune influenza, ad oggi 22 per coronavirus». «Per Trump questa sarà la sua Cernobyl, il crollo del suo impero – ha commentato il Wall Street Journal – Il virus fa vittime reali, la recessione si farà sentire. Anteponendo pericolosi miti a fatti oggettivi, Trump ha trasformato le prime fasi cruciali della risposta del governo in un disastro». In questa guerra inter-capitalistica tra attori politici e mediatici collocati su posizioni opposte della scena è interessante constatare il rilievo dato all’interpretazione del virus, del suo impatto sui mercati.
LE BORSE sono entrate in territorio «orso». Con questa espressione si intende la repentina tendenza ribassista che evoca la zampata dell’orso diretta verso il basso. Il contrario della fase rialzista rappresentata dal «toro» che usa la testa per incornare verso l’alto. Questa rappresentazione dei mercati come entità animali viventi, per di più ibridate con interfacce algoritmiche che governano automaticamente la maggioranza degli scambi istantanei, ieri ha registrato una sincope che ha arrestato il motore dell’accumulazione. Anche se per pochi minuti, una serie di titoli sono stati sospesi per eccesso di ribasso.
IL COLPO è stato il prodotto di una serie eterogenea di eventi politici ed economici che si sono combinati con il blocco progressivo a macchia d’olio delle attività industriali e delle catene di approvvigionamento globali. Il principale fattore di turbamento delle sfere celesti finanziarie alle quali anche milioni di risparmiatori hanno consegnato i loro risparmi è stata la guerra sul prezzo del petrolio e il taglio della produzione inaugurata da Arabia Saudita e Russia la scorsa settimana. Probabilmente questa è l’inizio di una crisi dalle conseguenze forse ancora più devastanti di quelle già di lungo periodo che saranno provocate dall’urto del coronavirus sulle economie già in rallentamento. Solo la borsa di Ryad, la principale dell’area mediorientale, ieri ha chiuso con una perdita del 5,5%, mentre il colosso petrolifero saudita Aramco ha visto sparire 250 miliardi di dollari su 1.510 miliardi di capitalizzazione. Vista dall’Italia, ieri la peggiore piazza finanziaria, a questa valanga si sono aggiunti gli effetti a catena, e fino a ieri imprevisti, dell’annuncio del blocco discrezionale della Lombardia e delle province toccate dal coronavirus, oltre che della confusione provocata dal governo con il decreto di sabato scorso. I mercati sono come membrane, non sono autoregolati, né in equilibrio, mutano ancora di più in un caso come questo di crisi contemporanea della domanda e dell’offerta.
GLI EFFETTI della crisi-virus è stata drammatica al punto che, a un certo momento, è circolata la voce di una chiusura per eccesso di ribasso di Piazza Affari. Per smentirla sono accorsi al capezzale la Consob e persino il governo con il ministero dell’Economia. La Consob ha escluso «attacchi speculativi», ma sono la «reazione degli operatori alle incertezze generate dal virus sull’economia. La sospensione delle contrattazioni sarebbe una decisione che non rimuoverebbe le cause, generando problemi di non facile soluzione». A questo punto la chiusura della borsa, destinata a subire i venti di un’enorme volatilità misurata dall’indicatore «Vix», si abbatterebbe anche sull’economia reale, peggiorando la situazione delle banche, tra i titoli peggiori ieri in borsa.
IL FOCOLAIO DELLA CRISI sta nell’economia reale in progressivo blocco ed è amplificato dalle «misure restrittive prese su territori di grande rilevanza che impattano sui trasporti, l’intrattenimento e la vita sociale – ha ricostruito il Mef in una nota ieri – Gli interventi di politica economica che sono in fase di definizione saranno dunque vigorosi ma commisurati alle esigenze e limitati nel tempo». E’ una delle contraddizioni che stanno emergendo in queste ore: la necessità di bloccare la diffusione del virus, blocca l’economia. E questo blocco si ripercuote sulle borse che accentuano la crisi che si ripercuote sull’economia “reale”. La trasformazione in una “zona protetta” dell’intero paese disposta ieri potrebbe acuire, almeno nell’immediato, questa dinamica aggravando la doppia crisi della domanda e dell’offerta, spingendo i mercati in una spirale recessiva di lunga durata. A quel punto potrebbe esserci un rimbalzo sull’andamento a “V” della crisi finanziaria prevista da molti fino alla settimana scorsa. La repentina ripresa dopo un crollo potrebbe allungarsi nella forma di “U”. Oppure, nell’ipotesi peggiore, stendersi in una “L”. In questo caso il crollo sarebbe seguito da un ristagno. Nell’incertezza dopo una giornata di immersione, la vita sembrava appesa alla forma di una consonante e all’astrazione di un mercato che aveva preso le sembianze di un orso.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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