Coronavirus in Portogallo. Regolarizzati gli immigrati, potranno fruire del welfare

by Goffredo Adinolfi * | 31 Marzo 2020 10:00

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Che i virus non conoscano confini oramai lo si era capito. Tantomeno sono in grado di  distinguere tra cittadini e non cittadini. Così, in un momento di crescente diffusione in Portogallo del Covid-19 si è posto il problema di quegli immigrati che, pur avendo fatto richiesta di regolarizzazione al Serviço de Estrangeiros e Fronteiras (Sef), ancora non avevano ottenuto risposta.

Prima di andare avanti un piccolo passo indietro. Per fare fronte  alla pandemia l’Assembleia da República approva il 18 marzo scorso lo stato d’emergenza. Un tempo limitato di 15 giorni e ampissimi poteri per il governo guidato dal socialista António Costa. Seguendo il modello adottato in altri paesi anche il Portogallo decide di chiudere tutto il chiudibile e promuovere,  dove possibile, il telelavoro.

Il grande tema non è del tutto dissimile da quello italiano: cosa fare di fronte a uno scenario apocalittico? Servono soldi se non si vuole lasciare indietro nessuno. Ad ora gli internati negli ospedali sono 500, 120 i morti e circa 6 mila i contagiati  confermati (+14% in un solo giorno). Le notizie dal mondo del lavoro  sono drammatiche: solo l’aeroporto di Lisbona ha deciso di licenziare 500 lavoratori. 

Il clima è teso come non mai. Dopo la riunione dell’Eurogruppo della scorsa settimana Costa perde la pazienza e attacca il ministro delle finanze olandese Wopke Hoekstra. Definisce ripugnante e contraria allo spirito europeo l’idea di voler aprire un’indagine contro Spagna e Italia per cercare di capire davvero quali siano gli effetti sui bilanci della pandemia. Parole forti ma non scelte a caso e che vengono confermate in un’intervista il giorno seguente.

Tra le fasce più deboli ci sono senza dubbio coloro che non hanno la cittadinanza europea  che sono senza visto o il cui visto  è in scadenza.  Come fare? Il 20 marzo, un paio di giorni dopo l’approvazione dello stato di emergenza, varie associazioni di immigrati sollevano il problema. In una lettera indirizzata alla segretaria di Stato per l’immigrazione Cláudia Pereira Olho VivoCasa do Brasil e altre organizzazioni manifestano preoccupazione per le condizioni di coloro che, pur lavorando in Portogallo, non hanno diritto alla protezione sociale perché ancora non hanno ancora ottenuto un permesso ufficiale.

Un problema, quello della regolarizzazione, certamente non nuovo. Il Sef, vista la crescita dell’immigrazione e i tagli al personale negli ultimi anni, è perennemente ingolfato. Si aspetta fino a un anno solo per avere un appuntamento. Ora, con gli sportelli semi-chiusi a causa delle misura adottate per limitare la diffusione del contagio, la questione minaccia di diventare ancora più drammatica.

Così l’esecutivo decide di procedere per decreto e azzerare tutto: regolarizzazione temporanea almeno fino a fine giugno per tutti quelli che possono dimostrare di avere già fatto richiesta al Sef. Questo permetterà agli immigrati di potere usufruire dello stato sociale allo stesso modo dei cittadini portoghesi. Il ministro degli Interni Eduardo Cabrita spiega in questo modo la natura del decreto:  “in uno stato di emergenza la priorità è la difesa della salute e la sicurezza collettiva. È in questi momenti che diventa più importante garantire i diritti dei più fragili come è il caso degli immigrati”.

Chega – il  partito di estrema destra di André Ventura che aveva ottenuto l’1% alle scorse elezioni legislative, un deputato al parlamento e  che ora veleggia nei sondaggi all’8% – prova a buttare benzina sul fuoco. In un post sulla sua pagina Facebook si legge: “mentre si lasciano morire gli anziani la preoccupazione dei governanti è quella di approvare una legge per integrare gli immigrati”. Inaspettatamente molti dei follower – autodefinitisi simpatizzanti e classificati da Fb come i “fan più attivi” –  discordano con la linea Ventura. Alcuni per ragioni di solidarietà, altri per il semplice fatto che gli immigrati in fondo in fondo pagano le tasse come tutti gli altri e quindi perché privarli dei loro diritti?, altri semplicemente per ragioni di umanità. Non tutti certo, ma molti. Sullo sfondo un tema che non è secondario: il virus colpisce tutti indistintamente e quindi diventa un problema di tutti. Come ha sottolineato anche il ministro Cabrita: togliere la protezione sociale ad alcuni ha effetti nefasti per l’intera collettività.

* Fonte: Goffredo Adinolfi, il manifesto[1]

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