by Eleonora Martini * | 11 Marzo 2020 11:42
Altri cinque detenuti morti nella giornata di ieri, per un totale di dodici vittime a seguito delle rivolte scoppiate domenica in 27 carceri italiane; altre proteste negli istituti di Caltanissetta, Enna, Larino, Pescara, Avellino, Bologna, Rieti, Palermo Pagliarelli, Genova, Campobasso, Trapani, Siracusa, Caserta, Aversa, quasi tutte poi sedate in serata. E la prima notizia confermata (ma dalla Ausl, non dal Dap) di un recluso trovato positivo al Coronavirus, proprio nel carcere di Modena e prima che scoppiassero i disordini. Bisogna tornare indietro di mezzo secolo e oltre per ricordare qualcosa di simile, negli istituti penitenziari italiani. Eppure il capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, che ancora non ha fatto sentire la propria voce, né ai detenuti né ai liberi cittadini italiani, è ancora al suo posto. E nessuno, tra le forze politiche, ne chiede la rimozione.
IERI PERÒ BASENTINI ha partecipato alla riunione della task force istituita ad hoc con il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma e il ministro di Giustizia Alfonso Bonafede per fare il punto della situazione. Il Guardasigilli ne parlerà oggi alle 14,30 alla Camera dove, in diretta tv, riferirà al Parlamento. In particolare si spera che faccia chiarezza su queste incredibili morti: ieri altre due persone sono state trovate prive di vita all’interno del carcere di Modena (nel nuovo Padiglione), dove, come riferisce al manifesto il Garante regionale dei detenuti dell’Emilia Romagna Marcello Marighelli, durante la notte tra lunedì e martedì si sono fermate le operazioni di trasferimento dei detenuti iniziate dopo la rivolta, e nella struttura ormai semi distrutta dalla furia dei violenti sono rimasti ancora in 200 circa. In condizioni assai precarie, senza servizi e senza infermeria. I due morti, di cui uno è un giovane tunisino di 41 anni, vanno ad aggiungersi ai sette del giorno precedente e le cause sarebbero le stesse: overdose di farmaci rubati durante i disordini dall’infermeria.
Naturalmente si attendono le indagini della procura che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Quello che non è chiaro è perché quei detenuti non sono stati soccorsi subito, come non è chiaro il numero di persone che ha rubato e assunto «farmaci», e se ce ne sono altre a rischio. Si sa solo – la notizia, che era subito circolata sui giornali locali, è stata confermata ieri dall’Ausl di Modena ma senza poter avere né smentite né convalide dalle autorità, compresi i Garanti dei detenuti – che prima della rivolta nell’istituto modenese erano stati isolati alcuni carcerati, uno risultato positivo al Coronavirus e gli altri che con lui erano entrati in contatto.
POI CI SONO ALTRI TRE reclusi morti nella casa circondariale di Rieti, apparentemente sempre per gli stessi motivi, e altri 8 che versano in condizioni critiche in ospedale. Uno, come riferisce il Garante del Lazio Stefano Anastasia, è stato trasferito a Roma in elicottero perché a Rieti non c’erano più posti in terapia intensiva.
NEL BOLLETTINO DELLE 19 di ieri, il ministero di Giustizia fa sapere che nel carcere della città dell’alto Lazio «permangono solo proteste verbali e battitura delle inferriate». Anche al Dozza di Bologna, che ha subito «ingenti danni», sembrerebbe rientrata la rivolta; il bilancio è di 20 detenuti e due agenti di polizia penitenziaria feriti, alcuni portati in ospedale. A Foggia le persone si rifiutano di rientrare nelle sezioni e «sono 50 gli evasi che sono stati ricatturati e 22 i ricercati», tra i quali tre uomini ritenuti affiliati alla mafia del Gargano e un omicida. A Velletri sono stati trasferiti di forza circa 40 detenuti, mentre sarebbe tornata la calma nelle celle del Santa Maria Maggiore di Venezia, di Palermo Pagliarelli, di Caltanissetta, Chieti e Larino. «L’unica situazione tutt’ora aperta – comunicano da via Arenula – è quella in corso a Trapani, dove un numeroso gruppo di detenuti ha raggiunto il tetto dell’istituto chiedendo, fra l’altro, che siano svolti subito i test per il controllo del Coronavirus». A Melfi lunedì notte sono stati liberati i quattro agenti e i cinque sanitario sequestrati dai detenuti. Bilancio provvisorio delle devastazioni, secondo il Dap: «600 posti letto distrutti, 35 milioni di euro di danni, 150 mila euro di psicofarmaci sottratti e, oltre ai detenuti anche 41 poliziotti feriti».
DIVERSE PROCURE, tra cui Milano, Bologna e Trani, stanno indagando per capire se ci sia stata una sorta di «regia occulta» dietro i disordini, se e da chi sarebbe arrivato «l’ordine» di far scattare le violenze quasi contemporaneamente. Ma chi conosce il mondo del carcere spiega che, pur senza escludere strumentalizzazioni “esterne” innescatesi in un secondo momento, le rivolte sarebbero dilagate spontaneamente, come un fuoco che avvolge l’erba secca. Perché a questo è ridotto il carcere italiano, come hanno spiegato ieri Alberto Nobili, responsabile dell’Antiterrorismo, e il presidente del Tribunale di Sorveglianza Giovanna Di Rosa hanno spiegato al termine dell’incontro con una rappresentanza dei detenuti di San Vittore: «Faremo – hanno detto – una segnalazione, noi come Procura di Milano e il Tribunale di Sorveglianza di Milano, al Ministero e al Dap perché si prendano sulle spalle la responsabilità del sovraffollamento e prevedano modifiche normative in modo da alleviare la permanenza in carcere».
* Fonte: Eleonora Martini, il manifesto[1]
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