by Giansandro Merli * | 5 Febbraio 2020 16:47
Un altro schiaffo a Salvini direttamente da Palermo. Dopo la mobilitazione popolare nel quartiere di Ballarò che lunedì scorso[1] ha fatto cambiare programma al leader della Lega, ieri il Tribunale civile del capoluogo siciliano ha dissequestrato il rimorchiatore Mare Jonio. Il giudice ha ordinato a tutte le autorità coinvolte di mettere fine con effetto immediato al blocco amministrativo della nave. La principale imbarcazione della missione Mediterranea Saving Humans era costretta all’ancora nel porto di Licata dal 3 settembre scorso.
A RIDOSSO DI QUELLA DATA accaddero fatti surreali, che è utile ripercorrere. Mercoledì 28 agosto la Mare Jonio salva 98 persone. Lunedì 2 settembre, dopo alcuni giorni di stallo a causa del solito teatrino inscenato in quel periodo dal ministro dei «porti chiusi», gli ultimi naufraghi ancora a bordo possono finalmente sbarcare per «motivi sanitari». Qualche ora dopo Mediterranea riceve dalla capitaneria di porto di Lampedusa l’autorizzazione a entrare nelle acque territoriali. Sul ponte ormai è rimasto solo l’equipaggio. Mentre attende il via libera all’ingresso in porto, però, viene raggiunto da un gommone della guardia di finanza. Così due ufficiali notificano a Luca Casarini, capomissione, e Giovanni Buscema, comandante della nave, una multa da 300 mila euro e il nuovo sequestro. È martedì 3 settembre, l’ultimo giorno in cui Salvini indossa i panni di ministro dell’Interno.
GLI ATTIVISTI della missione umanitaria interpretarono subito l’accaduto come un «colpo di coda[2]» del leghista. Ieri il tribunale ha dato loro ragione. «La decisione del Giudice civile di Palermo ripristina finalmente la legalità. La Mare Jonio è di nuovo libera, dopo un sequestro illegittimo durato cinque mesi», ha dichiarato Alessandra Sciurba, presidente dell’associazione Mediterranea. Pochi giorni fa è caduto un altro tassello delle prassi imposte da Salvini nel contrasto dei flussi migratori e nella sua personale guerra contro le Ong. I pubblici ministeri di Agrigento hanno chiesto di archiviare il procedimento[3] contro Casarini e Pietro Marrone per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e rifiuto di obbedire all’ordine di una nave guerra relativo al salvataggio del 18 marzo 2019. Le carte dei pm danno ragione su tutta la linea[4] a Mediterranea, evidenziando una lunga catena di comportamenti illegali che iniziano nel porto di Tripoli e si concludono sulla banchina di Lampedusa.
IN OGNI CASO alla Mare Jonio è stato impedito di salvare vite umane durante 154 giorni. Un fatto gravissimo, con precise responsabilità politiche che il risvolto giudiziario di ieri non può in alcun modo far dimenticare. «Il governo attuale – ha dichiarato ancora Sciurba – non ha avuto il coraggio di fare politicamente quello che un tribunale ha ritenuto essere l’unica cosa giusta». Sulla stessa linea d’onda il deputato di Sinistra italiana-Liberi e uguali Nicola Fratoianni: «Questa sentenza assesta un altro colpo ai decreti sicurezza e alla guerra contro le Ong. Resta l’amarezza per una soluzione che ancora una volta viene affidata alla magistratura e non, come sarebbe normale, alla politica». Per Matteo Orfini (Partito democratico): «Finalmente la Mare Jonio potrà tornare a fare il suo dovere, salvare vite umane. Noi dobbiamo fare il nostro, abrogando quelle leggi vergognose»
SENZA ATTENDERE immobile che questo avvenga, Mediterranea vuole riprendere a navigare il prima possibile. Per farlo ha aperto ieri una raccolta fondi straordinaria[5] a sostegno della prossima missione.
* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto[6]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2020/02/migranti-dopo-154-giorni-il-giudice-dissequestra-la-nave-di-mediterranea/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.