Memorandum con la Libia. Il governo Conte prende tempo ma mantiene l’accordo
C’è tempo. La risposta del governo giallorosso a chi chiede di non rinnovare il memorandum con la Libia visto che non è stato possibile migliorarlo è che il 2 febbraio, giorno in cui l’accordo per fermare i barconi dei migranti si rinnoverà automaticamente, non rappresenta una scadenza per eventuali modifiche. Che potranno essere apportate in futuro attraverso «uno scambio di note durante il periodo della sua validità». Cioè entro i prossimi tre anni, che però è come dire che probabilmente non accadrà nulla vista la situazione del Paese nordafricano e le possibili variabili dalle quali potrebbero dipendere le relazioni tra Roma e Tripoli.
A palazzo Chigi ieri si è tenuto un vertice veloce sulla Libia e sul memorandum prima del consiglio dei ministri convocato per discutere dell’emergenza coronavirus. Presenti, oltre al premier Giuseppe Conte, i ministri degli Esteri, dell’Interno e delle Infrastrutture. A quanto pare le proteste di numerose associazioni, ma anche dell’Oim, dell’Unhcr e da ieri anche del Consiglio d’Europa perché l’Italia non rinnovi l’accordo con Tripoli non sono servite a niente. Così come, almeno finora, non ci sarebbe traccia dei miglioramenti promessi a ottobre dal governo. C’è, invece, la conferma del supporto (da capire se economico o in fornitura di nuovi mezzi con cui bloccare in mare i migranti) alla contestata Guardia costiera libica, dei finanziamenti alle aree della Libia interessate al passaggio delle carovane dei migranti e della fornitura di strutture sanitarie. Insieme alla richiesta di chiudere i centri governativi dove ancora oggi vengono tenuti prigionieri i migranti per sostituirli con strutture gestite dall’Oim e dell’Unhcr. Senza alcun impegno da parte libica, pare di capire, visto che non si può imporre la presenza di organismi internazionali.
La prossima settimana dovrebbe riunirsi la commissione italo-libica delegata a discutere le modifiche all’accordo e lunedì a Roma potrebbe arrivare Fathi Beshaga, ministro dell’Interno libico e uomo forte del governo di Tripoli. Al momento però si naviga nell’incertezza totale, visto che non è detto che dall’incontro possano uscire risultati concreti. Dopo le aperture fatte da Roma al generale Khalifa Haftar, il premier libico Serraj non vede più l’Italia come un alleato del quale potersi fidare come in passato. Senza contare che, ora che Tripoli è sempre più sotto il controllo della Turchia, la tensione crescente tra Roma e Ankara sui giacimenti di gas al largo di Cipro potrebbe indurre il presidente Erdogan a mettersi in mezzo a un accordo che ridare all’Italia un ruolo nel Paese nordafricano.
Continua intanto la mobilitazione contro il memorandum. Un mailbombing è stato lanciato dalla campagna «Io accolgo» della quale fanno parte numerose associazioni tra le quali Arci, Gruppo Abele, Asgi, Medici senza frontiere, per chiedere ai ministri Di Maio e Lamorgese di non rinnovare l’accordo con la Libia. «Anche grazie al supporto dell’Italia persone innocenti e vulnerabili sono intrappolate in un Paese in guerra, costrette a vivere situazioni di pericolo e minaccia e sottoposte a un sistema di detenzione arbitrario e spietato» ha denunciato Marco Bertotto, responsabile per gli affari umanitari di Msf. Stessa richiesta avanzata da Amnesty International e dal Consiglio d’Europa. «L’Italia deve sospendere con urgenza le attività di cooperazione con la Guardia costiera libica almeno fino a quando quest’ultima non possa assicurare il rispetto dei diritti umani» ha chiesto Duja Mijatovic, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa. E per domani 2 febbraio, giorno in cui si rinnova il memorandum, i Radicali italiani hanno convocato per le 15,30 un presidio sotto Montecitorio al quale hanno invitato a partecipare anche il movimento delle Sardine.
* Fonte: Carlo Lania, il manifesto
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