Commissione UE. Il virus apre le porte all’Italia alla flessibilità sul deficit
Il vicepresidente Valdis Dombrovskis: “Siamo pronti a considerare circostanze attenuanti per le finanze pubbliche”. Ignazio Visco (Bankitalia) ha ipotizzato un impatto dell’emergenza pari allo 0,2% del Pil
Il governo si prepara alla recessione tecnica e incassa una promessa dalla Commissione Europea: a causa della crisi provocata dal «coronavirus» quest’anno i conti saranno giudicati con «flessibilità». Lo ha confermato ieri il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni che ha esplicitamente aperto a questa possibilità. Una pratica non nuova, richiesta e accordata ai governi italiani dal 2015 per eventi traumatici come i terremoti e per l’esigenza politica di stabilizzare maggioranze politiche incerte e ondivaghe. «Sarà oggetto di discussione nei prossimi mesi» ha detto Gentiloni. Sula misurazione precisa dell’impatto, anche mediatico, provocato dal virus sull’economia Gentiloni ieri a Bruxelles non si è sbilanciato: «Non ci sono certezze – ha detto – al G20 è stata espressa preoccupazione per l’economia asiatica. Ma al momento non possiamo quantificare. Ma ci sarà certamente un impatto sull’andamento dell’economia globale».
SULL’APERTURA di un credito è sembrato possibilista anche il gemello diverso di Gentiloni, il vicepresidente lettone della Commissione Ue Valdis Dombrovskis., con il consueto tono da inquisitore: «Siamo pronti a considerare insieme al governo italiano eventuali circostanze attenuanti nel valutare l’andamento delle finanze pubbliche» ha detto. Dati veri per la contabilizzazione della «flessibilità» rispetto all’adattabile «patto di stabilità e crescita», saranno forniti dalla Commissione con le stime economiche di primavera, a maggio. Nel prossimo documento di economia e finanza (Def) di aprile, e poi nella legge di bilancio già appesantita da 20 miliardi di nuove clausole Iva, si poitrebbe partire da un rapporto deficit/pil più alto di quota 2,2%. Da qui la richiesta di «flessibilità». Potrebbe essere da record, visto il clima.
LA PREVISIONE di una «recessione» è stata fatta ieri dallo stesso presidente del Consiglio Conte nel tentativo di bloccare il «panico» indotto sia da una serrata delle attività produttive nelle provincie di Pavia, Lodi, Cremona e Milano (il 12% del Pil), sia da un provvedimenti presi inizialmente senza coordinamento che hanno prodotto un clima da assedio ingiustificato in molte città soprattutto del Nord. Ciò che fino alla fine della settimana scorsa non si osava ipotizzare – la recessione – ora sta diventando un argomento. Già il governatore di Bankitalia Ignazio Visco aveva ipotizzato un colpo pari allo 0,2% del Pil il 23 febbraio scorso. Prima dell’emergenza la Commissione Ue aveva fermato l’asticella allo 0,3% del Pil nelle previsioni d’inverno. Il governo prevedeva un più che ottimista 0,6% nonostante la frenata drammatica della produzione industriale registrata nell’ultimo trimestre 2019: -1,4%, solo a dicembre il crollo è stato del 2,7%. La causa principale è il brusco rallentamento della Germania, ma non è l’unico.
DATI PIÙ CERTI inizieranno ad arrivare dal prossimo 4 marzo quando l’Istat comunicherà quelli sui conti. Quest’anno si parte da due decimali sotto zero. A questo proposito il ministro dell’economia Gualtieri aveva detto di essere in attesa di un «rimbalzo» dell’economia. Già in precedenza non erano molto chiari i criteri seguiti nella definizione di questa teoria. Nella coltre di panico creata in un’economia viralizzata la teoria del rimbalzo potrebbe trasformarsi in una del contraccolpo. Invece dell’auspicata direzione ascendente (dalla stagnazione a una crescita afasica), potrebbe esserci una discendente (dalla stagnazione alla recessione).
NEL «COUNTRY REPORT» della Commissione Ue sull’Italia emerge una situazione congelata rispetto ai criteri del patto di stabilità: alto debito, richiesta di «riforme strutturali», aumento di «produttività» dal lato dell’offerta, la polemica contro «quota 100» e il suo impatto sulla spesa pubblica. Al menu saranno aggiunti gli «investimenti» sulla transizione al capitalismo «green», tutta da immaginare in un immobilismo fortemente perturbato da una crisi di governo strisciante dove, fino a pochi giorni fa, Conte si era detto alla ricerca di una «cura da cavallo».
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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