by Chiara Cruciati * | 5 Febbraio 2020 16:30
Lunedì il vicepresidente del Parlamento europeo, esponente del Movimento Cinque Stelle, Fabio Massimo Castaldo ha fatto appello allo stop immediato dell’esportazione di armi dall’Italia all’Egitto. «Penso sia necessario mandare un chiaro segnale: export di armi da bloccare, veramente e immediatamente», la richiesta di Castaldo nel giorno del quarto anniversario dal ritrovamento lungo l’autostrada Il Cairo-Alessandria del corpo barbaramente torturato di Giulio Regeni.
Eppure il governo di cui i 5S sono parte avrebbe dato l’autorizzazione alla vendita di due navi militari Fremm Bergamini della compagnia Fincantieri alla Difesa egiziana. A riportarlo è Egypt Defence Review, sito di monitoraggio degli affari militari intessuti dal regime del Cairo. «L’accordo – scrive Edr – riguarderebbe il trasferimento della Spartaco Schergat F598 e della Emilio Bianchi F599 alla marina egiziana».
Un affare da 1,5 miliardi di euro, che l’Egitto coprirebbe «parzialmente con prestiti»: «Alcune banche europee e agenzie di credito sono pronte a fornire 500 milioni di euro in finanziamenti (Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas e Santander», aggiunge il sito.
In merito abbiamo contattato Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento del ministero degli Esteri italiano, l’ente preposto a dare il via libera alla vendita di armamenti a governi stranieri: «Questa Autorità nazionale non può diffondere informazioni sulle autorizzazioni di competenza per ragioni di riservatezza commerciale», risponde l’ufficio stampa.
Non commenta invece Fincantieri: l’azienda italiana, da noi contattata, ha preferito non rilasciare dichiarazioni.
La presunta vendita rientrerebbe nel più ampio progetto italo-francese intorno alle Fremm, fregate multimissione di cui il 25 gennaio è stata varata a Genova – alla presenza del capo di stato maggiore della Marina militare Giuseppe Cavo Dragone e del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti – l’ultima unità, la Emilio Bianchi.
Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, si tratta di una nave di 144 metri di lunghezza con un potenziale di carico di 6.700 tonnellate. La Emilio Bianchi sarà pronta nel 2021 e fa parte del «pacchetto» di otto navi dirette a Parigi e dieci a Roma.
Risale invece alla fine di aprile dello scorso anno l’indiscrezione, mai confermata, di un contratto vinto dall’italiana Leonardo per la vendita di venti elicotteri Aw149 al Cairo, più una decina in opzione. Banca Akros, citata da Milano Finanza, stimava in 600-900 milioni di euro il valore dell’intera operazione. Contattata da il manifesto, Leonardo non ha voluto rilasciare commenti in merito.
Sembrano così continuare, senza scossosi, i flussi di armamenti e tecnologie militari verso l’Egitto violatore seriale di diritti umani. Soffocato da una coltre di repressione istituzionalizzata, il paese ha appena osservato scorrere in silenzio il nono anniversario[1] della rivoluzione del 2011, mentre il regime del generale golpista Abdel Fattah al-Sisi rafforza giorno dopo giorno la sua macchina militare e compra impunità ergendosi ad attore imprescindibile delle emergenze mediterranee, che si tratti di guerra libica o di flussi migratori.
Il 2 aprile 2019 la Presidenza del Consiglio dei ministri riportava i dati relativi[2] al 2018: oltre 69 milioni di euro[3] il totale dell’export militare italiano verso Il Cairo. Dieci volte tanto il 2017 (7,4 milioni) e il 2016 (7,1). Acquistando armi automatiche, bombe, missili, siluri – armi destinate all’esercito ma anche alla polizia, quella che quotidianamente arresta attivisti e compie raid negli uffici delle ong e le redazioni dei giornali indipendenti – l’Egitto si è aggiudicato un posto tra i primi dieci paesi destinatari di licenze individuali italiane di esportazione.
Nel 2019 l’andazzo è simile: «L’Italia ha continuato a fornire sistemi militari e armi leggere all’Egitto anche dopo l’omicidio di Giulio Regeni – spiega al manifesto Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle armi leggere Opal – Nel 2019, da gennaio a ottobre, sono state spedite al Cairo “armi leggere” per oltre 1,5 milioni di euro, per la gran parte dalle province di Brescia e Pesaro-Urbino, sede di storiche aziende di armi».
* Fonte: Chiara Cruciati, il manifesto[4]
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