by Claudia Fanti * | 11 Febbraio 2020 16:39
Green new deal, appelli in difesa dell’Amazzonia, denunce contro il “cattivo” Bolsonaro? Solo parole. Di fronte agli interessi legati all’accordo commerciale tra Unione europea e paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), tutto potrebbe passare magicamente in secondo piano.
Già al momento della firma del trattato, il 28 giugno scorso, la Commissione Ue aveva ignorato le richieste di 340 organizzazioni europee e latinoamericane che, allarmate dalle devastanti politiche in materia ambientale e indigena applicate in Brasile, avevano esortato la Ue a inviare «un segnale inequivocabile» al governo Bolsonaro, sospendendo «immediatamente» i negoziati in attesa di un deciso cambio di passo rispetto, tra l’altro, alla lotta alla deforestazione.
Ma l’accordo rischia di passare indenne anche l’attuale fase di revisione che dovrebbe concludersi a marzo, per poi lasciare campo libero alla ratifica dei parlamenti di ogni paese, necessaria per l’entrata in vigore del trattato, con conseguente avvio di un graduale processo di apertura commerciale tra i due blocchi.
Su questa strada, è vero, ci sono resistenze: l’Irlanda ha minacciato di non ratificarlo per il suo impatto sull’ambiente e sull’agricoltura nazionale, la Vallonia belga ha espresso la sua totale contrarietà e l’Austria è andata oltre votando un atto parlamentare che obbliga il governo a mettere il veto all’approvazione dell’accordo.
E l’opposizione del settore agricolo francese ha indotto il presidente argentino Alberto Fernández, preoccupato delle ricadute sull’industria nazionale, a cercare proprio nel governo Macron, durante la sua visita in Europa, una sponda per rinegoziare il trattato.
Grave che nessuna obiezione giunga dall’Italia, che anzi, come ha chiarito la viceministra degli Esteri Marina Sereni intervenendo il 6 febbraio alla conferenza su «America latina tra diseguaglianze e tensioni sociali», «si batte per varare definitivamente» l’accordo Ue-Mercosur.
Accordo su cui aveva già lanciato con forza l’allarme la Campagna Stop Ttip Italia, denunciando in particolare il rischio che l’aumento dell’export di carne di manzo dal Brasile aumenti la deforestazione e gli incendi in Amazzonia, l’indebolimento dei controlli su prodotti provenienti da paesi in cui, oltre agli ogm, circolano liberamente centinaia di pesticidi proibiti in Europa e anche la scarsa tutela dei prodotti a indicazione geografica italiani (limitata a 55 su oltre 290). Temi che la Campagna riprenderà oggi nella conferenza stampa alla Camera convocata proprio per denunciare il voltafaccia del governo italiano sui trattati di liberalizzazione commerciale con gli Usa e con il Mercosur.
Critiche anche da Rifondazione comunista, secondo cui l’accordo è «linfa per gli interessi dell’agribusiness» e «carburante per gli incendi in Amazzonia»: «Se il Pd sta con Bolsonaro, noi stiamo con i popoli indigeni e i movimenti contro il cambiamento climatico».
* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto[1]
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