Spartizione libica. Erdogan contro Haftar: «Gli daremo una lezione»

by Yurii Colombo * | 15 Gennaio 2020 16:45

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MOSCA. La trattativa non-stop tra le parti libiche per arrivare a un accordo di pace si è infine conclusa senza che il generale Khalifa Haftar firmasse la bozza di accordo sottoscritta invece dal presidente del governo di unità nazionale Fayez al-Sarraj.

Ieri mattina Haftar è ritornato a casa lasciando l’onere al ministero della Difesa russo di informare la stampa: «Il generale Khalifa Haftar valuta positivamente la dichiarazione finale – afferma lo stringato comunicato del dicastero russo – ma prima di firmare ha bisogno di due giorni per discutere il documento con i leader delle tribù sostenitrici dell’esercito di liberazione nazionale».

IN REALTÀ NON CI SAREBBE solo il problema di far accettare l’accordo che imporrebbe anche compiti di polizia interna alle varie tribù, ma molto altro. «Il progetto di accordo ignora molte delle rivendicazioni dell’esercito libico», ha sostenuto l’”uomo forte” di Bengasi al canale televisivo al Arabiya. Secondo il network d’informazione moscovita Rossiya24 durante le riunioni a Mosca egli avrebbe insistito sul dispiegamento delle sue forze a Tripoli e sulla formazione di un governo di unità nazionale seguito dal voto di fiducia del parlamento insediato a Tobruk. Il generale avrebbe richiesto il monitoraggio internazionale del cessate il fuoco senza alcun coinvolgimento della Turchia e il ritiro incondizionato dei «mercenari introdotti dalla Siria e dalla Turchia». Un’ipotesi quella del non coinvolgimento della Turchia giudicata «fantascientifica» dal Cremlino.

Una versione un po’ diversa dell’impuntamento del generale libico viene però dal comunicato emesso nel pomeriggio dal ministero degli Esteri russo e riguarda le tempistiche dello scioglimento dei gruppi armati più in generale.

LA DECISIONE DI RIMANDARE ancora di 48 ore la firma dell’accordo da parte di Haftar non è piaciuta ad Ankara: «La Turchia segue da vicino i passi delle autorità legittime libiche e degli alleati di Khalifa Haftar. Se gli attacchi alle posizioni delle autorità libiche riconosciute però riprendono, allora la Turchia è pronta a dare una lezione ad Haftar», ha tuonato il presidente Erdogan durante un discorso al parlamento turco. Erdogan ha anche accusato Haftar di aver prima accettato i termini dell’accordo e poi «di essere fuggito da Mosca». Secondo il leader turco, ora la palla torna nel campo russo che dovrà far digerire al riottoso generale l’accordo siglato.

UN PO’ DI DELUSIONE si respira anche al Cremlino. Putin aveva sperato di far bingo al primo giro di ruota e ora deve capire se la Conferenza di Berlino già decisa per il 19 gennaio dovrà essere rimandata sine die. Ha sentito per telefono Angela Merkel promettendole che abbandonerà Haftar al suo destino in caso di segnali negativi, ma i foreign fighters russi schierati in Cirenaica potrebbero dargli più di un fastidio.

Per ora Erdogan è convinto comunque che le cose troveranno una loro sistemazione. «Domenica si terrà un vertice a Berlino con i paesi europei e i russi. A questa conferenza parteciperanno un certo numero di altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, che saranno rappresentati però in misura limitata. Abbiamo informato le parti che anche rappresentanti della Tunisia e del Qatar vorrebbero essere presenti al tavolo dei negoziati, ma non abbiamo ottenuto risposta positiva» ha affermato il presidente turco. E in serata al Arabiya riferiva la disponibilità di Haftar a essere della partita a Berlino.

SERGEY LAVROV, il plenipotenziario russo, da Colombo in Sri Lanka, continua ad affermare di essere «moderatamente ottimista» sul lieto fine in Libia. In conferenza stampa, a Lavrov è stato chiesto se la Libia potrebbe diventare una seconda Siria. Risposta: «Se così fosse il popolo libico ne uscirebbe vincitore perché la Siria, grazie all’assistenza attiva della Federazione russa in risposta all’appello del governo legittimo del paese, è sfuggita al destino riservato alla Libia dalla Nato». Il ministro degli Esteri russo ha voluto sottolineare che «lo Stato libico è stato bombardato dall’Alleanza atlantica nel 2011 e stiamo ancora sopportando le conseguenze disastrose di questa avventura criminale e illegale».

* Fonte: Yurii Colombo, il manifesto[1]

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