Profughi palestinesi. Pressioni Usa e Israele per interrompere i fondi Unrwa
GERUSALEMME. Si è placata solo a dicembre la bufera nell’Unrwa causata dalla diffusione, la scorsa estate, di un rapporto interno su abusi di potere e nepotismo ai vertici dell’agenzia dell’Onu che dal 1949 assicura assistenza scolastica e sanitaria ai profughi palestinesi della guerra arabo-israeliana del 1948. A calmare le acque agitate è stata l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha rinnovato a larghissima maggioranza, fino al 30 giugno 2023, il mandato dell’Unrwa, respingendo le pressioni di Usa e Israele che chiedono di interrompere l’assistenza ai profughi palestinesi: 72 anni fa erano circa 700mila, oggi sono oltre cinque milioni sparsi tra Libano, Siria, Giordania, Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Rifugiati ai quali Israele, e lo ripete da sempre, non consentirà mai di rientrare nella terra d’origine, un diritto che invece è garantito agli altri profughi. Ma l’Unrwa resta in bilico. Il taglio delle donazioni annuali statunitensi (360 milioni di dollari), ordinato da Donald Trump, minaccia sempre l’esistenza dell’agenzia. Ed aumentano le pressioni dei gruppi filo-Israele.
A denunciarlo è stato due giorni fa il commissario generale ad interim dell’Unrwa, Christian Saunders, subentrato allo svizzero Pierre Krahenbuhl, costretto alle dimissioni dopo la diffusione del rapporto interno che, comunque, ha escluso corruzione e uso improprio dei fondi. Intervistato dall’agenzia Reuters, Saunders ha accusato non meglio precisate organizzazioni filo-israeliane di fare pressioni su parlamenti stranieri per fermare i finanziamenti all’Unrwa (già sospesi da Belgio, Paesi Bassi e Svizzera). Ha inoltre denunciato un tentativo di Israele di sostituire le scuole e altre strutture dell’agenzia con quelle del comune di Gerusalemme, in modo da affermare la sua sovranità sulla zona palestinese della città, sotto occupazione dal 1967 e trasformare i profughi in semplici residenti. «La cosa importante da ricordare – ha spiegato il commissario generale ad interim – è che l’Unrwa ha ricevuto un mandato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dai paesi membri per fornire servizi ai rifugiati palestinesi anche a Gerusalemme Est».
Saunders ha avvertito che l’Unrwa ha fondi sufficienti a coprire le spese per i profughi solo nel primo trimestre del 2020 e che il nuovo anno si prevede «ancora più difficile» rispetto al 2019 a causa di donazioni insufficienti. I vertici dell’agenzia non disperano di poter persuadere Washington a riprendere i finanziamenti. Un tentativo che a non pochi appare disperato. L’Amministrazione Trump e Israele negano il diritto al ritorno per i profughi palestinesi e affermano che l’esistenza dell’Unrwa perpetuerebbe il problema impedendo l’assorbimento dei rifugiati nei paesi arabi che li hanno accolti oltre 70 anni fa. Al Forum economico tenuto la scorsa estate a Manama (Bahrain), l’inviato Usa Jared Kushner ha teorizzato investimenti per decine di miliardi di dollari a favore dei paesi arabi che si diranno pronti ad integrare i profughi. Questa soluzione è stata respinta seccamente da Libano, Siria e Giordania.
* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto
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