NEL PERIODO DI TRANSIZIONE, la Gran Bretagna dovrà rispettare le norme Ue. Ma alcune cose cambiano già da sabato: in particolare si tratta di questioni istituzionali. Già Londra non ha un commissario nella nuova Commissione, non parteciperà più al Consiglio. Il più importante cambiamento immediato riguarda il Parlamento europeo, che uscirà ridotto: passa da 751 deputati a 705. I 73 eurodeputati britannici escono, 27 seggi saranno redistribuiti tra 14 stati, in modo da riequilibrare la rappresentanza sulla base demografica (secondo il principio della proporzionalità digressiva): 5 deputati in più per Francia e Spagna, 3 per Olanda e Italia (uno a testa per Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia), 2 per l’Irlanda, uno rispettivamente a Svezia, Austria, Danimarca, Finlandia, Slovacchia, Croazia, Estonia, Polonia e Romania. I 47 restanti resteranno vuoti, in attesa dei prossimi allargamenti a nuovi stati membri. Questi 27 nuovi eurodeputati Findus sono già stati eletti alle europee della scorsa primavera e sono rimasti “congelati” in attesa della Brexit. Sui sette gruppi parlamentari esistenti, i britannici erano presenti in cinque (e 27 erano tra i non iscritti). La loro uscita comporta un cambiamento nel peso politico rispettivo dei gruppi e apre una maggiore incertezza sulla maggioranza dell’Europarlamento, che già risulta più difficile da trovare che nel passato dopo le ultime europee, visto che è finita l’era della predominanza dei popolari e dei socialdemocratici.
FERMO RESTANDO il principio che non è sicuro dove andranno a sedersi gli eurodeputati Findus, stando alle liste su cui sono stati eletti, risulta che il gruppo Ppe (che non aveva britannici) sarà vincente, passando da 182 seggi a 187. Perdono invece S&D, per l’uscita dei laburisti, da 154 a 148. Perdente anche il centro Renew, da 108 a 97. Grosso calo per i Verdi, erano 74 saranno 67. Cresce invece Id (estrema destra, con Lega e Rassemblement national), da 73 a 76, che supera così gli ecologisti portando loro via il quarto posto. Diminuisce l’altro gruppo di destra estrema, Ecr, da cui vanno via i Tories (da 65 a 62). La sinistra Gue perde un seggio (va a 40), i non iscritti passano da 53 a 27. Ma questo equilibrio potrebbe cambiare per alcuni spostamenti che potrebbero intervenire a breve.
Nel Ppe c’è tensione con Fidesz, il partito dell’ungherese Viktor Orbán, che si sente vicino al Pis polacco e potrebbe cambiare gruppo. Orbán, però, non ha ancora perso la speranza di trascinare tutto il Ppe su posizioni più destroidi. I popolari, inoltre, potrebbero perdere i greci: il primo ministro, Kyriakos Mitsotakis, ha subito ultimamente due umiliazioni dai suoi colleghi del Ppe. La prima dal bulgaro Boyko Borissov, che ha detto sbrigativamente ad Atene di risolvere i suoi problemi con la Turchia di Erdogan senza coinvolgere la Ue. Poi, ancora peggio, dalla patronne del Ppe, Angela Merkel, che non ha invitato Mitsotakis alla recente riunione sulla Libia a Berlino. Mitsotakis oggi è a Parigi all’Eliseo e potrebbe riavvicinarsi ai centristi di Renew. Il Ppe potrebbe subire perdite anche in seguito alle elezioni in Irlanda a febbraio e per la tensione politica che regna in Croazia.
IL GRUPPO VERDE potrebbe aprire le braccia ai Cinque Stelle per non perdere la quarta posizione in ordine di importanza a favore dell’estrema destra. Il “peso” dei seggi conta, anche per le nomine alle presidenze delle commissioni. Due sono liberate dai britannici, “pesca” e “giuridica”, che erano presiedute da due lib-dem di Renew (dovrebbero venire sostituiti da due Findus di Renew).
* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto