Operai pachistani e africani, puniti per il reintrodotto reato di «blocco stradale» a causa di un picchetto, durante una lunga vertenza tesa a far rispettare i loro diritti dentro una azienda a conduzione cinese, dove gli operai venivano pagati meno di 1.000 euro per turni di lavoro di 12 ore, sette giorni su sette, e dove il ritardo dei pagamenti è di mesi e mesi. Una situazione così patologica da aver convinto anche la procura pratese ad aprire una inchiesta, dopo i controlli dell’Ispettorato del lavoro che per la terza volta in quattro anni hanno portato a sanzionare l’azienda.
IL SI COBAS, IL SINDACATO di base che ad ottobre aveva organizzato la protesta, e che aveva visto la sua delegata Sarah Caudiero ferita a un piede quando un’auto uscita dalla Superlativa aveva forzato il sit-in degli operai, denuncia che si è trattato di una delle prime applicazioni di una norma contenuta nel «decreto sicurezza», voluto dall’ex ministro Matteo Salvini e accettato, nei fatti, anche dal governo in carica.
Un provvedimento nei confronti di chiunque blocchi, ostruisca o ingombri la circolazione, giustificato dal vecchio governo M5S-Lega con la necessità di fronteggiare gli episodi che compromettono la sicurezza dei trasporti e la libera circolazione. Ma che per molti giuristi è invece finalizzato a punire in modo esemplare chi si riunisce in strada per manifestare, o picchetta fuori le fabbriche, le scuole o le istituzioni.
«LA MATTINA DEL 16 OTTOBRE abbiamo letto dell’investimento di una sindacalista davanti alla fabbrica – hanno raccontato Elena e Margherita nella loro lettera aperta – i cui operai da mesi sono in sciopero perché non vengono pagati. Quella mattina abbiamo deciso di andare pure noi davanti a quei cancelli, per manifestare la nostra vicinanza tanto agli operai quanto alla sindacalista ferita. Non ci sembrava che chiedere il rispetto di un contratto potesse essere in un qualche modo criminale, ma le multe che sono state recapitate anche a noi e ad altri 21 operai questo farebbero pensare».
ASSISTITE DAI GENITORI, le due ragazze che vivono a Montopoli Valdarno e Sesto Fiorentino e fanno parte dell’Iniziativa antagonista metropolitana hanno già presentato ricorso in prefettura e un appello rivolto al prefetto di Prato Rosalba Scialla e alle istituzioni cittadine contro la sanzione ricevuta, e segnalano: «Da quasi quattro mesi è in carica un governo che purtroppo non ha ancora trovato il tempo per eliminare una legge fascista come il decreto sicurezza. La nostra speranza è che questo tempo si trovi al più presto, per cancellare una norma ingiusta».
Ce n’è anche per Salvini: «Non ci piacciono le sue parole di odio, e come giovani ci sentiamo doppiamente attaccati dalle sue politiche, perché il paese che vorrebbe costruire è quello che, un giorno, erediteremo noi».
PER PROTESTARE CONTRO le sanzioni, alla vigilia di Natale c’è stata una piccola manifestazione davanti alla Prefettura. Fra i partecipanti anche esponenti di Rifondazione, che lancia un appello: «Ci piacerebbe che il ‘fronte unico antifascista’ si manifestasse anche in casi del genere. Noi continueremo ad essere a fianco degli operai e dei sindacati che portano avanti questa lotta. Sarebbe comunque un bel segnale se anche altri partiti e movimenti che si richiamano ai valori della Costituzione e dell’antifascismo solidarizzassero concretamente con questi lavoratori».
Per il 7 gennaio prossimo è stata indetta un’assemblea pubblica, in vista di una intera giornata di mobilitazione il 18 gennaio.
* Fonte: Riccardo Chiari, il manifesto[1]