by Anna Maria Merlo * | 18 Dicembre 2019 10:10
PARIGI. Il primo ministro conserva una «determinazione totale» per imporre la riforma delle pensioni. Edouard Philippe era ancora ieri «ragionevolmente ottimista» di farla passare nonostante i numerosissimi cortei con tutte le categorie professionali, non solo i ferrovieri, ma insegnanti, ospedali, tutte la funzione pubblica, anche il settore privato, persino il coro dell’Opéra di Parigi, che alla Bastiglia ha intonato la Marsigliese e il Canto dei partigiani.
Tutti in piazza in 238 manifestazioni, nella terza giornata di mobilitazione e al tredicesimo giorno di sciopero nei trasporti, più numerosi (secondo la Cgt sono scese in strada 1,8 milioni di persone, per il ministero dell’Interno meno della metà) per chiedere ormai molto più del ritiro della riforma. Nella protesta contro le pensioni a punti si sono cristallizzate le lotte per un cambiamento di scelte sociali, contro le derive che la presidenza Macron incarna, arrivando dopo anni di liberalismo, di dominio del denaro in tutti i settori e di sentimento di abbandono che si diffonde tra la popolazione in preda ai venti della mondializzazione (che è ora in controtendenza, ma questo non porta miglioramenti, anzi, perché domina sempre più la legge della giungla nelle relazioni internazionali).
Ieri a Parigi tutta la sinistra era in piazza, «ma non per recuperare la protesta» spiegano in coro: Ps con una camionetta, dopo i sindacati che chiedono il ritiro della riforma, i Verdi, la France Insoumise, il Pcf, i gruppi trotzkisti. In molte città, Marsiglia, Nantes, Cherbourg, ci sono stati due cortei, uno dopo l’altro oppure, come a Metz, in luoghi separati. A Parigi, prima i sindacati, Cgt, Fo, Solidaires, Fsu che chiedono il ritiro, con lo striscione: «Pensione a punti: tutti perdenti». In coda al corteo, la Cfdt, che ha partecipato per la prima volta a una giornata di manifestazioni (finora c’era solo la Cfdt-Ferrovieri), che resta favorevole alla pensione universale, ma contesta l’ultima proposta di Edouard Philippe, stabilire un’età d’equilibrio a 64 anni per avere una pensione completa, cioè due anni dopo l’età legale, che resta a 62 anni. Laurent Berger, segretario della Cfdt, ha difeso un «sistema universale, ma con più giustizia sociale e no alle misure di età brutali con l’età di equilibrio».
Philippe Martinez, segretario della Cgt, è soddisfatto della giornata: «Se tutti i sindacati dicono no al progetto, questo dovrebbe far riflettere il governo». Martinez ha contato ieri 350mila persone a Parigi, più numerose delle 250mila del 5 dicembre. Lo sciopero è stato molto seguito, non solo nelle ferrovie e nella metropolitana di Parigi, dove la paralisi continua, ma anche nella scuola e in altri settori pubblici. La Cgt ha rivendicato la sospensione dell’erogazione dell’elettricità per brevi periodi, a Lione e a Cherbourg.
Ma il governo vuole andare avanti. Oggi e domani, saranno ricevuti i sindacati, uno per volta, per cercare di riannodare il dialogo. Cosa non facile, visto che lunedì, Jean-Paul Delevoye, il “monsieur pensioni” del governo si è dovuto dimettere, travolto dalla miriade di incarichi (pubblici e privati, anche nelle assicurazioni) che contro la legge aveva conservato pur entrando nel governo. I servizi del primo ministro, che avrebbero dovuto controllare gli eventuali conflitti di interessi, affermano: non ne sapevamo niente. Già ieri, la ministra della Sanità, Agnès Buzyn, ha visto i rappresentanti dell’Inter-ospedali, il movimento di protesta che dura da mesi e che giudica insufficienti le proposte del governo, i 10 miliardi promessi nei prossimi anni sarebbero in realtà solo lo spostamento di soldi già stanziati, mentre la crisi dell’assistenza resta.
Le vacanze di Natale si avvicinano, i treni sono nel caos, la Sncf promette di trovare una soluzione per almeno la metà dei viaggiatori del fine settimana. Il governo chiede una «tregua» per Natale. I manifestanti chiedono anch’essi «una tregua» nella riforma criticata. Il governo usa la carta dello scontento della popolazione per sconfiggere i sindacati? Il gioco è estremamente pericoloso, perché la protesta in Francia è radicata da tempo, una sconfitta sindacale potrebbe favorire una ripresa dei gilet gialli nel nuovo anno. Per il momento, i sondaggi rilevano che il 62% dei cittadini continua a sostenere le manifestazioni contro la riforma, ma che il 69% vorrebbe una «tregua» per Natale, mentre il 65% resta «inquieto» per la propria pensione, a causa di una riforma sempre più confusa e incomprensibile.
* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]
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