Francia/Africa. Macron abbandona il franco «coloniale» e lancia l’Eco

by Anna Maria Merlo * | 24 Dicembre 2019 18:45

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L’annuncio in Costa d’Avorio con il presidente Ouattara, ex Fmi

PARIGI. A sessant’anni dalle indipendenze dei paesi africani, è iniziata la fine del franco Cfa, la moneta nata nel 1945 sotto il nome di «franco delle colonie francesi d’Africa», poi mutato dopo il 1960 in franco della «comunità finanziaria africana». L’annuncio è stato fatto a Abidjan da Emmanuel Macron e dal presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara, che nel passato ha lavorato all’Fmi ed è anche stato presidente della Banca centrale dell’Africa occidentale.

LA TRANSIZIONE SARÀ LENTA: la nuova moneta, che si chiamerà Eco, entrerà in vigore nel 2020, ma in un primo tempo solo per 8 paesi della zona francofona (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo). Per gli altri che formano il Cedao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale), in tutto 14, tra cui 12 ex colonie francesi (più due che hanno presentato domanda), ci sarà la possibilità di aderire all’Eco, anche se la presenza di giganti come la Nigeria suggerisce prudenza agli altri partner. Invece, i 6 paesi dell’Africa centrale, che utilizzano anch’essi il Cfa, per ora non sono coinvolti. 155 milioni di persone utilizzano il Cfa attualmente. La lunga transizione comporta anche il mantenimento della parità fissa con l’euro (1 € = 655,96 Cfa), che la Banque de France continuerà a garantire (cosa che alimenta da un lato i sospetti sulla sincerità della manovra e dall’altro una levata di scudi da parte dei nazionalisti in Francia). Invece, viene soppresso il deposito di almeno il 50% delle riserve presso il Tesoro francese (nel 2015 erano stati 19 miliardi) e i rappresentanti di Parigi si ritirano dall’istanza di governance dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Uemoa).

IL MANTENIMENTO della parità con l’euro, che solleva perplessità, è considerato una garanzia per evitare l’esplosione dell’inflazione sul modello argentino. Le trattative per questa decisione, che Ouattara ha definito «storica», sono iniziate nel giugno scorso, mentre il progetto di moneta unica per sostituire il Cfa era sul tavolo dal 2017. Adesso, la procedura passa in mano ai tecnici e non sarà un percorso facile. Per Kristalina Georgieva, presidente dell’Fmi, il cambiamento in corso «costituisce una tappa essenziale nella modernizzazione di accordi di lunga data tra l’Unione economica dell’Africa occidentale e la Francia». L’Fmi vuole controllare la procedura: «Siamo pronti – ha aggiunto – a cooperare con le autorità regionali in funzione dei loro bisogni».

MACRON, IN VISITA in Costa d’Avorio prima di andare in Niger, ha detto che «il franco Cfa cristallizza numerose critiche e dibattiti, ho ascoltato le critiche, vedo la gioventù rimproverare la continuità di una relazione che giudica post-coloniale, dunque sciogliamo gli ormeggi» (in Europa, alcuni mesi fa, Salvini e Di Maio avevano attaccato la Francia per questo).
Ouattara resta molto prudente, non era convinto della necessità di realizzare questa transizione (ma alla fine ha approfittato della finestra di opportunità a 10 mesi dalle prossime presidenziali in Costa d’Avorio), mentre i presidenti del Ciad e del Benin, Idriss Déby e Patrice Talon, hanno spinto in questa direzione. Per l’economista Carlos Lopes, la decisione è «frutto di opportunismo politico» ma è «benvenuta».

LA FINE ANNUNCIATA del franco Cfa rientra nella critica del vecchio colonialismo della Françafrique che Macron sta facendo da quando è eletto, che oltre a vari discorsi su una «nuova relazione senza complessi» ha portato per esempio a delle restituzioni di opere d’arte. È un modo per uscire dal vecchio mondo, cambiando perché tutto resti uguale, direbbe il Gattopardo. «Non appartengo a una generazione che ha conosciuto il colonialismo – ha detto Macron – come i giovani che lo rimproverano». Il presidente francese ha sollevato di nuovo l’indignazione dei nazionalisti in Francia, ribadendo che «il colonialismo è stato un errore profondo, una colpa della Repubblica».

Macron ha messo in guardia i partner africani dal neo-colonialismo in atto (senza citare espressamente la Cina): esprimendo critiche verso «chi viene a dire che risolverà tutto con i soldi», «hanno un’egemonia uguale a quella che noi abbiamo avuto» e allertato sul fatto che finiscono per «creare debito e i disastri di domani».

Il 13 gennaio ci sarà un vertice a Pau, in Francia, con i paesi del Sahel, per ridiscutere la missione militare Barkhane, intervento francese contro la jihad sempre più contestato dalle popolazioni.

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

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