Diritti sindacali. Lavoratori pakistani licenziati scendono in piazza a Fermo
FERMO. «Noi vogliamo delle cose molto semplici: il nostro lavoro, una paga dignitosa, i diritti che ci sono dovuti». Sono centotrenta, tutti indiani e pakistani, i «lavoratori anziani» della Ambruosi e Viscardi di Sant’Elpidio a Mare, azienda che taglia, lava, imbusta e spedisce ogni giorno tonnellate di insalata nei supermercati italiani. Tutti uomini, alcuni con quasi due decenni di servizio: anni passati a lavorare anche quindici ore al giorno, weekend e festivi compresi. La pentola si è scoperchiata un anno fa e, dopo una serie di scioperi e manifestazioni, Cgil, Cisl e Uil sono riusciti a negoziare un accordo con cui sono stati sanati gli abusi, ma a un prezzo altissimo: i centotrenta sono stati mandati via senza tanti complimenti e al loro posto sono state prese altre persone per le stesse mansioni.
Oggi pomeriggio, alle 14, i lavoratori manifesteranno per le vie di Fermo accompagnati da Si Cobas, Rifondazione Comunista, Centri Sociali delle Marche e altre sigle della sinistra di base. Assente Sinistra Italia, molto critica verso i toni utilizzati dai Cobas contro la Cgil e dagli ultimi sviluppi della questione.
La Cgil, che ha sottoscritto l’accordo un anno fa, tra le altre cose, si trova a dover fronteggiare una fronda interna che, con una lettera che sta circolando tra gli iscritti, ha messo a nudo le debolezze di una trattativa che ha convinto pochissimo. «Dovremmo chiederci cosa succedeva prima degli scioperi organizzati dal Si Cobas nel 2018 – confessa un ex dirigente della Cgil, ora pensionato – il sindacato maggioritario era la Cisl: cosa facevano? E noi, quanto siamo rappresentativi in azienda? Quale forma di democrazia è stata utilizzata per eleggere la Rsa e sottoscrivere gli accordi?».
Ecco, appunto, gli accordi. Fino al 2018 i lavoratori Ambruosi e Viscardi percepivano 5.20 euro netti all’ora per turni non determinati né determinabili, adesso l’azienda garantisce 180 giorni lavorativi a 6.30 euro l’ora. «Ma non serve certo un matematico per rendersi cono che così i lavoratori ci perdono – spiegano ancora dalle parti di quelli della Cgil contrari all’accordo – un dipendente arriva a guadagnare circa 9 mila euro netti all’anno, una cifra lontanissima dai 15-18 mila euro che percepiva prima».
Le cose adesso, tra l’altro stanno già cambiando: l’azienda sta facendo firmare contratti per l’anno prossimo per 102 giorni, anche se non c’è aria di crisi né di calo del fatturato.
In punta di diritto, la questione la spiega l’avvocato Corinna Biondi, anche lei con un passato in Cgil e ora attivista della Casa del Popolo di Fermo: «I lavoratori che abbiamo conosciuto sono stati assunti per anni e anni, con contratti a tempo determinato di breve durata che si avvicendavano nel corso dell’anno, e degli anni, uno dopo l’altro, con rare e brevi interruzioni. Avrebbero dunque maturato, già al primo superamento del tetto massimo di 180 giornate, il diritto alla conversione del loro contratto a tempo indeterminato».
Su questo il Si Cobas sarebbe pronto ad agire per vie legali, ma sullo sfondo si vede lo spiraglio di un accordo: l’assunzione di questi lavoratori in una cooperativa che andrebbe poi a operare per Ambruosi e Viscardi. «Ma questa è l’infanzia sindacale – commentano allibiti dalla Cgil – di solito proposte del genere le avanzano i padroni e i sindacati le respingono: se c’è lavoro è l’azienda che deve assumere queste persone».
In questa rissa continua, gli unici che continuano a tenere la barra dritta sono i lavoratori. «Noi non ce l’abbiamo con le persone che l’azienda ha assunto per sostituirci – concludono – vogliamo soltanto il nostro lavoro e la nostra dignità».
* Fonte: il manifesto
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