Crisi. Il lavoro sotto attacco manifesta a Roma: «Zero esuberi e subito fatti»

Crisi. Il lavoro sotto attacco manifesta a Roma: «Zero esuberi e subito fatti»

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La prima di tre mobilitazioni in piazza Santi Apostoli a Roma per chiedere a imprese e governo «zero esuberi» e di passare «dalle parole alla fase operativa». Cgil, Cisl e Uil ieri mattina hanno riempito la piazza romana dell’Ulivo e dell’Unione con una manifestazione che ha dato la parola a nove delegati di aziende in crisi. A dominare anche numericamente la piazza era la vertenza ex Ilva con i lavoratori di Taranto arrivati a Roma con vari pullman. A fianco dei dipendenti Arcelor Mittal Italia in cassa integrazione o a rischio chiusura c’erano quelli delle centinaia di ditte dell’indotto, quelli delle bonifiche e quelli non richiamati, in carico all’amministrazione straordinaria.

«NON SI PUÒ LASCIARE IL DESTINO dell’industria dell’acciaio nelle mani di una multinazionale», ha attaccato dal palco il segretario della Fiom di Taranto Francesco Brigati. «Non accettiamo i ricatti di Arcelor Mittal! Serve un intervento pubblico da parte del governo, come abbiamo da sempre sostenuto. È possibile fare investimenti e bonifiche ambientali e non avere alcun esubero: il piano industriale deve prevedere come prima cosa un abbassamento dei livelli di inquinamento», ha chiuso Brigati.

Sul tema è tornata anche la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan: «Non si può chiedere alle persone di morire di cancro o morire di fame!».
Lo sciopero di oltre 24 ore proclamato da i metalmeccanici Fiom, Fim e Uilm per respingere il piano con 4.700 esuberi al 2023 è stato massiccio. «Tutti gli stabilimenti ArcelorMittal sono fermi: adesione a Taranto 90%, a Genova e Novi Ligure 80%, a Racconigi, Padova e Marghera 100%», fa sapere la segretaria generale della Fiom Francesca Re David. Operai e delegati dal palco hanno raccontato difficoltà e paure accompagnati dallo striscione «il lavoro è dignità» con cori duri contro la multinazionale indiana.

A SANTI APOSTOLI SONO ARRIVATI delegati di gran parte delle 160 crisi aziendali aperte al Mise e che colpiscono da nord a sud lungo la penisola. Da Alitalia a Auchan, da Mercatone Uno a Whirlpool Napoli, dalla Bosch di Bari all’Almaviva di Palermo. Una piazza «per il lavoro». che chiede di avere risposte concrete.

«La settimana di mobilitazione per il lavoro» – che avrà le prossime tappe domani e martedì 17 dicembre – coincide con l’inizio delle votazioni in parlamento sulla manovra e chiede crescita, investimenti e infrastrutture specie al Sud, tema al centro del tavolo a Palazzo Chigi tenuto nel pomeriggio. I sindacati rilanciano un patto per il lavoro e reclamano soluzioni.

IL PRIMO SEGRETARIO GENERALE a parlare è stato Maurizio Landini. Il segretario della Cgil ha ribadito la volontà di «dare voce ai delegati, alle persone in carne e ossa perché il paese ha il dovere di dare risposte. Siamo stanchi delle parole, è il momento dei fatti. Se non otterremo quello che chiediamo continueremo a mobilitarci». Landini è poi passato al cuore del suo comizio: «Sia le imprese che il governo devono passare a una fase operativa: basta licenziamenti, ma investimenti per far ripartire il lavoro», rilanciando in conclusione il suo capo saldo: «Non si cambia il paese senza il consenso dei lavoratori».

«Finché non avremo le risposte alle questioni che un anno fa abbiamo aperto insieme», dall’occupazione alle pensioni al fisco, «continueremo nella mobilitazione, nella lotta. Non ci bastano i cambiamenti di modi, la gentilezza, abbiamo bisogno di risposte», gli ha fatto eco Annamaria Furlan. «In un anno non è cambiato nulla. Abbiamo bisogno di togliere dall’incertezza oltre 300mila lavoratori e lavoratrici. Il clima è un po’ peggiorato, altro che migliorato», aggiunge dicendo basta ai soli tweet e sondaggi della politica. A rimarcare la strada è il numero uno della Uil Carmelo Barbagallo: «Se non si risolvono i problemi, non solo torneremo in piazza ma nelle piazze di tutti i paesi». È in atto «una deindustrializzazione che porterà gravi conseguenze» però, aggiunge Barbagallo, «tutti litigano su tutto». E allora «prima di fare un patto sul lavoro dovremmo fare un patto sulla pace produttiva». Il messaggio è rivolto al governo ma anche a imprese e multinazionali: non si può venire in Italia, fare shopping e poi «buttare via tutto senza pagare pegno».

OGGI IL TESTIMONE della mobilitazione passerà ai pensionati. Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp avvieranno una serie di presìdi davanti alla Camera per sollecitare governo e Parlamento ad ascoltare le rivendicazioni dei pensionati, contenute nella piattaforma unitaria, che sono state al centro della manifestazione nazionale del 16 novembre scorso al Circo Massimo a Roma. Per i sindacati non basta l’innalzamento dal 97 al 100 per cento delle perequazioni per le pensioni da 1.500 a 2.000 euro. Serve l’ampliamento della platea dei beneficiari della 14esima, una rivalutazione maggiore anche per le pensioni medie, una legge nazionale sulla non autosufficienza e un fisco più equo per i pensionati.

* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto



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