Spagna di nuovo al voto, dopo sei mesi di stallo

by Luca Tancredi Barone * | 10 Novembre 2019 9:53

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Tutta la pressione è su Sánchez: la sua rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro

La Spagna oggi torna al voto, dopo sei mesi di stallo politico e quasi un anno di governo ad interim. Pedro Sánchez è il principale protagonista della giornata: tutte le inchieste certificano che ancora una volta i socialisti arriveranno primi. Ma, con tutta probabilità, la sua sarà una vittoria di Pirro. Nella migliore delle ipotesi, e solo in quella, confermerà i risultati di aprile, quando ottenne 123 seggi (su 350 al Congresso) e circa il 28% dei voti.

INVECE I POPOLARI miglioreranno il bottino, guadagnando almeno una ventina di seggi: le urne faranno tirare un sospiro di sollievo a Pablo Casado, che ad aprile aveva ottenuto il peggior risultato di sempre, 66 seggi e meno del 17% dei voti. Unidas podemos, la coalizione di Podemos, Izquierda Unida e vari movimenti locali (fra cui i catalani di En comú podem, guidati da Ada Colau) potrebbe mantenere le posizioni (42 seggi in totale e circa il 15%), ma il terzo posto ormai se lo disputerà con Vox che alcuni danno addirittura al 15% (ad aprile era entrato per la prima volta nelle Cortes con il 10% e ben 24 deputati).

CIUDADANOS, ormai in caduta libera, passerebbe dai 57 deputati di aprile (circa il 16%) alla metà, o persino meno. Pochi leader politici sono stati capaci di sperperare tanto capitale politico in così poco tempo come Albert Rivera, di cui alcuni prevedono addirittura le dimissioni stasera stessa. È sicuro che l’affluenza al voto non raggiungerà di nuovo il record del 72%: stando alle richieste di voto per corrispondenza, che sono diminuite di un quarto, l’affluenza si aggirerà intorno al 55%.

E come spesso accade, sarà la sinistra ad astenersi di più, evidentemente amareggiata dal mancato accordo di governo e dalla svolta di Sánchez, che è passato da agglutinare il voto contro il pericolo delle destre, a corteggiare direttamente Pp e Ciudadanos in nome dell’unità nazionale contro la Catalogna. Lasciando totalmente scoperto il fianco sinistro, dove però oggi non solo gioca Unidas Podemos, ma due nuovi concorrenti: a livello nazionale Más País, il partito fondato dall’ex numero due di Podemos, Íñigo Errejón, oggi deputato nell’assemblea di Madrid, e dalla ex sindaca di Madrid Manuela Carmena. Una spina nel fianco di Pablo Iglesias e dei suoi. Sembra si sia sgonfiato, nel migliore dei casi otterrà una manciata di deputati, ma il problema è che per come funziona il sistema elettorale, togliendo voti a socialisti e Podemos paradossalmente potrebbe favorire Pp e Vox in molti dei collegi che eleggono meno deputati. Nonostante le intenzioni, Más País sarà infatti sulla scheda elettorale anche di alcuni collegi dove non ha alcuna speranza. Di fatto, quindi, danneggiando la sinistra (il punto qualificante è invece quello di creare ponti a sinistra per evitare lo stallo di aprile).

IL SECONDO NUOVO ATTORE, ma solo nella piazza catalana, è la Cup, un partito antisistema e indipendentista che ha come praticamente unico obiettivo sabotare il parlamento spagnolo da dentro. Il paio di deputati che riuscirà a eleggere non saranno certo quelli che potrebbero aiutare un eventuale Sánchez bis a partire. E proprio in Catalogna si gioca una battaglia importante: non a caso socialisti (per la prima volta) e Ciudadanos hanno chiuso venerdì lì la campagna elettorale. Ad aprile per la prima volta era arrivata prima Esquerra republicana (15 seggi), sbaragliando sia gli avversari indipendentisti di Junts per Cat (che esprimono il presidente del governo catalano Quim Torra) sia En comú Podem, che nelle due tornate elettorali precedenti era arrivato primo. Ma è lì che i socialisti potrebbero perdere molto: la linea dura e la deriva a destra non li aiuteranno.

E poi c’è la questione senato. Ad aprile, per la prima volta da 25 anni, il Psoe aveva ottenuto la maggioranza assoluta, finora prerogativa del Pp. Il sistema è costruito in maniera molto particolare, per cui, in sostanza, solo il primo e il secondo partito di ogni provincia possono sperare di eleggere qualcuno. La camera alta non conta molto, ma può fare cose importanti, tipo applicare l’articolo 155 per sospendere un governo regionale, o nominare i vertici del potere giudiziario, posizione chiave per controllare la magistratura.

STASERA SI VEDRÀ, quindi, quanto sbagliati sono stati i calcoli dei socialisti, che volevano imitare Rajoy (nel suo caso, nel 2015, la ripetizione elettorale aveva fatto guadagnare seggi ai popolari) ma che si ritroveranno più deboli e con una destra più forte e organizzata. L’incognita sui futuri scenari politici rimane più aperta che mai.

* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto[1]

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