by Giuliano Santoro * | 15 Novembre 2019 16:23
A Centocelle, Roma est, sono di nuovo scesi in strada in almeno duemila, al calare della notte, per stare insieme e proteggere il quartiere da quella che percepiscono come un’aggressione fatta a tutta la comunità: una catena di roghi a tre esercizi commerciali ancora immersi nel mistero. Non si capiscono i moventi e non si conosce il motivo per il quale qualcuno sta seminando tensione nel quadrante della periferia romana tra la Casilina e la Prenestina.
«Dopo i gravi fatti dei giorni scorsi, con locali che vanno a fuoco, una comunità sotto attacco e un’amministrazione inconsistente che brancola nel buio come abitanti chiamiamo a raccolta il quartiere per una seconda passeggiata di autodifesa popolare», dice il comunicato diffuso dalla Libera Assemblea di Centocelle, composta da una rete eterogenea di singoli e soggetti collettivi del quartiere. In piazza ci sono i centri sociali e i collettivi antifascisti ma anche le associazioni di commercianti ed esponenti del volontariato cattolico e dei sindacati, a testimonianza di un’adesione ampia e della volontà di parlarsi tra soggetti diversi.
Simboli vietati. Dietro lo striscione «Combatti la paura difendi il tuo quartiere» ci sono solo le bandiere rosse e nere degli antifa e quelle dell’Anpi. I manifestanti hanno le idee chiare: «La sicurezza per noi è quella di un territorio in cui i bisogni della popolazione sono garantiti a tutti e non dati in pasto alla speculazione, all’abbandono o al malaffare – prosegue il testo diffuso dall’assemblea – Vogliamo i parchi liberi, le notti illuminate, i servizi al territorio, vogliamo le case, i diritti e riprenderci in mano le nostre vite».
L’idea che qualche manovra criminale abbia bisogno di far calare il buio sul quartiere per poterci lucrare in un secondo momento ha attivato diverse energie. C’è il presidente del municipio Giovanni Boccuzzi, del M5S, ma si confonde nelle retrovie, dopo che dal camion che apre il corteo gli rinfacciano le negligenze. È durissima Serena Baldari dell’Alveare, progetto inedito di coworking con asilo incorporato che aveva dimostrato di stare in piedi colle sue forze e che il municipio ha sgomberato ormai da sei mesi, restituendo alcuni magazzini ai piedi di una palazzina di case popolari all’abbandono: «In questo quartiere le serrande vengono abbassate per due motivi: per gli attentati incendiari o per l’intervento del municipio», dice mentre il fiume di gente sfila lungo via dei Castani. Ci sono anche i ragazzi della comunità di Sant’Egidio che fino a pochi giorni fa gestivano una scuola popolare a Tor Sapienza e che sono stati messi alla porta dall’Ater.
Si passa prima dal Baraka Bistrot, dato alle fiamme nella notte tra venerdì e sabato scorsi, poi la passeggiata collettiva lambisce via delle Palme, dove si trovavano la Pecora Elettrica e la pizzeria Cento55 che hanno preso fuoco nei giorni precedenti. «Centocelle non è un centro commerciale a cielo aperto – dice un cittadino al microfono – Il quartiere deve restare in mano a chi ci lavora e non a chi vuole speculare. Perché di questo parliamo a proposito degli incendi: speculatori». Si arriva al parchetto Madre Teresa di Calcutta, che affaccia sulla circonvallazione di via Palmiro Togliatti. Un altro pezzo buio di un quartiere che centinaia di persone vogliono difendere rendendolo attraversabile.
Oggi alle 15 questo esperimento di autodifesa collettiva si sposta in centro, a piazza Santi Apostoli, per presidiare la prefettura dove si terrà il comitato per l’ordine sull’«emergenza Centocelle». Chiedono che la loro visione di sicurezza venga ascoltata. La lezione di Centocelle parla a tutta la città e forse al paese intero.
* Fonte: il manifesto[1]
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