Israele attacca ancora in Siria, 23 morti in un raid

Israele attacca ancora in Siria, 23 morti in un raid

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Un nuovo capitolo dello scontro tra Israele e Iran è stato scritto nella notte tra martedì e mercoledì. L’aviazione dello Stato ebraico ha lanciato un attacco molto violento, come non si registrava da tempo contro le forze armate siriane e presunte postazioni iraniane nei pressi di Damasco e nella Siria meridionale. Sono stati sganciati decine di missili e bombe contro l’aeroporto militare di Damasco, dove, dice Tel Aviv, sarebbero state distrutte batterie antiaeree, e basi nei pressi di Kesswe e Al Qadissiya. L’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdu), legato all’opposizione anti-Assad, ieri sera scriveva di 23 morti, tra i quali cinque soldati siriani e 16 combattenti e consiglieri militari stranieri, appartenenti in maggioranza alla Forza al Quds, il corpo speciale dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran) guidato dal generale Qasem Soleimani, l’uomo che Israele indica come il suo principale avversario. Sono stati uccisi anche due civili (un uomo e sua moglie), ha aggiunto l’Osdu, colpiti da un missile israeliano nella loro abitazione nella zona di Sa’sa non lontano da Damasco. Invece l’agenzia statale siriana Sana ha scritto che la difesa antiaerea siriana è stata in grado di abbattere gran parte dei missili.

Israele ha bombardato centinaia di volta in Siria negli ultimi anni. E ha compiuto attacchi aerei ampi e letali come quello di martedì notte. In questo caso però ha rivendicato subito il raid mentre di solito lascia che ad indicare la sua responsabilità siano i media regionali e internazionali. Netanyahu che, a scopo politico interno, vuole darsi l’immagine di comandante militare, ha usato toni da battaglia. «L’ho detto chiaramente: a chiunque ci farà del male, faremo del male. È quello che abbiamo fatto nella notte in Siria contro obiettivi militari della Forza al Quds e obiettivi militari siriani» ha scritto su Twitter riferendosi al lancio a inizio settimana di quattro razzi dalla Siria (tutti abbattuti). Il ministro della difesa Bennett ha messo sullo stesso piano il bombardamento in Siria e l’assassinio, compiuto da Israele nei giorni scorsi a Gaza, del comandante militare del Jihad Islami, Baha Abu al Ata. Anche il leader dell’opposizione e premier incaricato Benny Gantz ha approvato il raid affermando che Israele «ha preso di mira le metastasi iraniane in Siria».

Tehran non sembra intimorita dai bombardamenti israeliani. «L’Iran non vacilla. Sta sviluppando le sue capacità militari e mostra una maggiore fiducia in se stesso», spiega l’analista Jonathan Marcus avvertendo che «i due giocatori (Israele e Iran) stanno lottando per stabilire nuove regole di deterrenza ma il rischio è che quando aumenta il livello degli scontri militari, aumenta anche il rischio di un conflitto totale». Ed è ciò che teme il Cremlino, allo stesso tempo alleato di Damasco (e in misura minore di Tehran) e in ottimi rapporti con Israele, che in una nuova guerra – prevedibilmente devastante – vede una minaccia concreta al suo status di garante principale della stabilità  regionale che si è conquistato approfittando anche del disimpegno Usa. Mosca che martedì aveva condannato la benedizione data dagli Stati uniti alle colonie israeliane nei territori palestinesi occupati, ieri attraverso l’influente viceministro e rappresentante speciale per il Medio Oriente, Mikhail Bogdanov, ha condannato l’attacco israeliano. «La conduzione di raid aerei sul territorio di un paese sovrano è una aperta violazione delle leggi internazionali che rischia di rafforzare ulteriormente la stabilità nel paese», ha detto segnalando l’insoddisfazione russa per il pugno di ferro di Netanyahu.

* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto



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