Gilet gialli anno 1, rabbia e proteste continuano, la repressione pure

Gilet gialli anno 1, rabbia e proteste continuano, la repressione pure

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PARIGI. Gilet gialli, un anno dopo, Atto LIII (53), 270 cortei in tutta la Francia per ricordare l’inizio della protesta, 39.500 manifestanti in tutto il paese, secondo i dati ufficiali. Una partecipazione in netto calo rispetto a un anno fa, il 17 novembre 2018 i gilet erano stati 282mila. Ieri, le motivazioni della protesta sono state una volta di più messe in secondo piano da episodi di violenza, in particolare in place d’Italie a Parigi (ma non solo, tensioni anche alla Bastiglia nel primo pomeriggio, alle Halles in serata, oltre a Lione, Nantes, Tolosa, Bordeaux). Un centinaio di violenti in place d’Italie hanno concentrato l’attenzione tutta la giornata.

INCENDI DI PATTUMIERE, attacco contro un centro commerciale, vetrine spaccate, tentativi di barricate, sfida anche ai pompieri che cercavano di passare per spegnere gli incendi. Giacche e passamontagna neri molto più numerosi dei rari gilet gialli hanno fatto decidere al prefetto di Parigi, David Lallement, la proibizione della manifestazione che avrebbe dovuto partire dal XIII arrondissement per arrivare nel X. Ci sono stati dei feriti, tra questi anche un giornalista. È stato distrutto il monumento ai morti all’inizio del boulevard Blanqui, i lavori in corso sul giardino della piazza sono stati azzerati dall’esplosione di violenza. Il prefetto ha usato il pugno di ferro: «Nessuno resterà impunito». In mezzo ai lacrimogeni, ai cannoni d’acqua, ai fumi di vari inizi di incendi, a metà pomeriggio la polizia ha lasciato una sola via d’uscita «a chi è ancora in buona fede», ha detto il prefetto, per abbandonare la piazza. Priscilla Ludosky, una protagonista della prima ora dei gilet gialli, che aveva previsto di partecipare al corteo, dichiarato in partenza da place d’Italie, ha twittato: «Impigliati, impossibile andarsene, manifestazione annullata all’ultimo momento».

I dati di fine pomeriggio annunciano 105 fermi, dopo una settantina di multe in mattinata per chi aveva tentato di entrare sugli Champs Elysées, proibiti alle manifestazioni, e 1.497 controlli preventivi. Nel resto della Francia, oltre a qualche momento di tensione in alcune città, c’è stato un ritorno nei ronds-points, occupazione che era stata il punto di inizio del movimento un anno fa.

LA PARTECIPAZIONE è in calo, c’è scoraggiamento, la violenza fa paura. Ma i motivi della protesta restano. Ieri, «Macron dimissioni» non è più stato lo slogan maggiormente gettonato. Lo sguardo va oltre i confini: «Da Santiago a Hong Kong, eguale lotta». C’erano numerosi ombrelli nelle manifestazioni, evocazione della protesta di Hong Kong.

La Francia resta in agitazione. Giovedì scorso c’è stata la grande manifestazione del personale degli ospedali pubblici. Gli studenti sono in agitazione in alcune università dopo il dramma dello studente che si è immolato con il fuoco di fronte al Crous (opera universitaria) a Lione 2. Il 5 dicembre sarà sciopero nei trasporti (treni e metro) contro la riforma delle pensioni. Ogni categoria segue però la sua strada, per il momento, nei gilet gialli coesistono motivazioni differenti. Le liste dei gilet alle europee sono state un fallimento. La base comune del malessere diffuso è una domanda di servizi pubblici che funzionino, di presenza dello stato che invece si ritira di fronte all’avanzata del mercato e delle sue leggi della giungla che schiacciano i più deboli. Una domanda di protezione, in senso largo.

MACRON HA RISPOSTO a latere: ha aperto i cordoni della borsa, 17 miliardi sganciati in tre riprese per rispondere alla richiesta di un “maggiore potere d’acquisto”, anche attraverso una riduzione delle tasse. Subito, aveva soppresso la carbon tax e la riduzione a 80 km all’ora sulle strade provinciali, le gocce che avevano fatto traboccare il vaso della protesta un anno fa. Poi ha cercato di spegnere il fuoco con il grand débat generalizzato. Oggi è in corso la “convenzione sul clima”, con 150 cittadini tirati a sorte, per dibattere e proporre soluzioni per la transizione climatica (e la compatibilità con l’economia). È stato rispolverato il referendum popolare (è in corso la raccolta di firme per quello che vuole bloccare la privatizzazione degli aeroporti di Parigi). Ma lo scontento resta, per molti «nulla è cambiato». Come la questione del “potere di vivere”, cioè quello che rimane dopo aver fatto fronte a tutte le spese obbligate.

Nel frattempo, restano i dati della repressione dell’anno 1 dei gilet gialli: 3.100 condanne (600 al carcere), 2.448 feriti, dei mutilati (più di venti persone hanno perso un occhio, 5 la mano).

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto



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