Stati uniti. Poliziotti-marines addestrati per cacciare i migranti
«Il governo degli Stati uniti ha facoltà di respingere le richieste di asilo di chi sia giunto al confine attraverso un paese terzo». La sentenza della Corte suprema ha sancito l’ultimo attacco trumpista agli immigrati e ai diseredati accalcati al confine meridionale.
Gran parte di quei profughi provengono dal Centro America e da altri paesi sudamericani e africani (numerosissimi i cubani e gli haitiani) e in base alla nuova norma, che impone che abbiano preventivamente chiesto asilo al Messico, verrebbero automaticamente squalificati dall’ingresso in America.
L’ultima strategia trumpista di interdizione si aggiunge a quella che precedentemente aveva imposto ai richiedenti asilo di attendere in Messico l’esito della pratica. Come quest’ultima, l’ultimo provvedimento ribalta decenni di politica di asilo e aderenza a norme internazionali.
Il confine meridionale non ha ancora il muro ma risulterebbe da ora sigillato a tutti gli effetti per le migliaia di migranti che arrivano davanti ai reticolati e rimangono impigliati nella rete anti-uomo (e donna e bambino) che Trump è andato allestendo negli ultimi tre anni.
Il presidente che ama definire le richieste di asilo «una colossale truffa» ai danni del paese, aveva annunciato a luglio che gli Stati uniti non avrebbero più accolto pratiche di asilo da cittadini di paesi non confinanti.
Di pari passo Trump ha ridotto il numero di rifugiati accolti in Usa a 30mila, meno di quelli ospitati dal Congo o dalla Serbia. Nella familiare retorica identitaria del regime sovranista, immigrati e profughi – come quelli in fuga dalle Bahamas devastate dall’uragano Dorian e respinti dai traghetti per la Florida qualche giorno fa – sono i soliti furbi in cerca di pacchia serviti da ong dedite al traffico umano.
La «soluzione finale» del blocco dell’asilo era stata annunciata a luglio ma subito sospesa dalla sentenza di un giudice federale in seguito a una denuncia della American Civil Liberties Union (Aclu) per incompatibilità con precedenti statuti e le convenzioni delle Nazioni unite.
Mercoledì la maggioranza conservatrice della Corte suprema è intervenuta in via eccezionale per autorizzare l’ordine di Trump nell’ultima riprova che gli Stati uniti stentano ancora a trovare gli anticorpi parlamentari per far fronte al regime autoritario di minoranza che continua a rompere ogni argine istituzionale.
In particolare è stata normalizzata la guerra dichiarata agli immigrati usata come perno politico da Trump e la campagna di pulizia identitaria mediante la rimozione di massa di residenti ispanici che vi ha fatto seguito.
La politica di crudeltà prosegue con deportazioni sistematiche e l’internamento di massa di famiglie immigrate (l’altro ieri è morto un altro detenuto messicano, l’ottavo decesso quest’anno di prigionieri dell’Ice, Immigration and customs enforcement), compresi diversi bambini.
Una campagna utile soprattutto a mantenere nel desiderato stato di prostrazione la popolazione ispanica del paese – legale e non – e inibirne i voti prevalentemente democratici.
A luglio e agosto Ice ha intrapreso grandi retate di lavoratori, spesso a venire deportati sono genitori stranieri di figli americani che rimangono «orfani» o vengono dati in affidamento, traumatizzati come le controparti separate dai genitori al confine.
Né promette nulla di buono la notizia trapelata per errore ieri sul prossimo allestimento di un campo di addestramento alla guerriglia urbana per gli agenti Ice. In via di preparazione a Fort Benning, in Georgia, è simile ai finti villaggi arabi usati per l’addestramento dei marines simulando Iraq o Afghanistan.
Quelli per gli agenti anti-immigrati, si legge sul bando pubblicato per l’appalto federale acquisito da Newsweek – verranno invece denominati «Arizona» e «Chicago» e dovranno somigliare a quartieri di città con grandi popolazioni di migranti. Nel bando il governo specifica che le strutture di addestramento dovranno simulare anche «ambienti con presenza di bambini».
Uno scenario sinistro di addestramento alle retate di famiglie civili che lascia presagire un’intensificazione della pulizia etnica e conferma le politiche paranaziste del regime Trump in materia di immigrati e la demonizzazione dei soggetti sociali deboli.
Il via libera al blocco degli asili è in via solo preliminare, fin tanto che concluda l’iter definitivo nei tribunali federali, ma è l’ennesima indicazione della congiunzione perniciosa tra esecutivo dai poteri smisurati (eletto da una minoranza popolare) e una magistratura sempre più saldamente in mano repubblicana.
Per i migranti fuggiti dal caos sociale e dalla violenza delle nazioni centroamericane intanto si chiudono per il momento le prospettive di accesso.
Per i profughi accalcati al confine e stipati in centri di accoglienza di ong a Tijuana Ciudad Juarez e altre città messicane, la cattiva notizia si aggiunge a un’intensificata campagna di «interdizione» da parte delle autorità del governo di Andrés Manuel Lopez Obrador che sta onorando il ricatto che Trump ha imposto a lui e agli altri governi centroamericani: bloccare i migranti a casa propria o subire la funesta ira (commerciale) degli Stati uniti.
* Fonte: Luca Celada, il manifesto
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