Rohani avverte: «L’Europa ha due mesi per rispettare gli impegni con l’Iran»
Jcpoa. Altrimenti, avverte il presidente iraniano, Tehran prenderà misure di disimpegno con «effetti straordinari»
L’Amministrazione Trump con sanzioni e pressioni di ogni tipo sta raggiungendo il suo obiettivo: spingere Tehran ad uscire dal Jcpoa, l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano, firmato nel 2015, del quale gli Stati uniti dal 2018 non fanno più parte. È perentorio l’avvertimento lanciato ieri dal presidente iraniano Hassan Rohani: i paesi europei firmatari del Jcpoa hanno solo due mesi per salvare l’intesa. Altrimenti, ha aggiunto, l’Iran prenderà ulteriori e significative misure di disimpegno che avrebbero «effetti straordinari». Non c’è spazio per le interpretazioni. Se non ci saranno novità concrete dall’Europa, l’Iran si riterrà libero dalle restrizioni fissate dal Jcpoa. E riprenderà senza più vincoli la produzione nucleare.
Il nodo è l’atteggiamento europeo. A Tehran non credono, e probabilmente hanno ragione, che gli europei aggireranno, come promettono da mesi, le dure sanzioni globali contro l’Iran varate da Washington. Sanno che l’Ue non ha una unica politica estera e che i paesi membri non andranno contro gli Stati uniti e Trump per salvare l’Iran. Rohani è stato chiaro. «Penso sia improbabile il raggiungimento di un risultato con l’Europa oggi o domani. L’Europa avrà altri due mesi per adempiere ai suoi impegni», ha detto il presidente ai microfoni dell’emittente statale aggiungendo che l’Iran «continuerà con i piani per ridurre ulteriormente i suoi impegni all’interno dell’accordo e accelerare la sua attività nucleare». Il terzo passo, ha detto, «sarà il più importante e avrà effetti straordinari».
Quanto Rohani sia convinto di portare avanti questa linea verso gli europei è difficile valutarlo. Certo è che il presidente, che del Jcpoa è stato il primo sostenitore, convinto che avrebbe assicurato all’Iran una forte ripresa economica e un posto in prima fila nel teatro della diplomazia internazionale, è in grande difficoltà a causa delle sanzioni decise da Trump e sollecitate da Israele e Arabia saudita schierate contro il Jcpoa. Le sue recenti aperture a un ipotetico vertice con il presidente americano, sono state condannate dai falchi della politica iraniana. Ma lo stesso Rohani sa di non avere niente in mano.
A Tehran non hanno fiducia in Macron che, si dice, avrebbe avanzato la proposta di aprire negli ultimi quattro mesi dell’anno in corso una linea di credito all’Iran da 15 miliardi di dollari, corrispondente a un terzo del volume delle esportazioni di petrolio iraniano nel 2017. In cambio che Tehran continuerà a rispettare il Jcpoa. A quella proposta aveva fatto riferimento il viceministro degli esteri, Abbas Araqchi, prima del discorso di Rohani. «Il nostro ritorno alla piena attuazione dell’accordo nucleare dipende dalla ricezione dei 15 miliardi di dollari in un periodo di quattro mesi…l’Europa deve acquistare petrolio dall’Iran o fornire l’equivalente delle vendite di petrolio sotto forma di una linea di credito garantita dalle entrate petrolifere dell’Iran», ha spiegato Araqchi. L’Ue lo farà? Da Washington in ogni caso hanno fatto fuoco sulla proposta per affondarla sul nascere. «Non possiamo dire più chiaramente che siamo impegnati in questa campagna di massima pressione (sull’Iran) e non intendiamo concedere alcuna eccezione o esenzione», ha proclamato Brian Hook, coordinatore del dipartimento di Stato per l’Iran, escludendo deroghe alle sanzioni. Anzi Washington le accresce. Il dipartimento del Tesoro ha colpito una rete di aziende e compagnie marittime che avrebbe fornito petrolio iraniano alla Siria e garantito alle casse vuote di Tehran 750 milioni di dollari. Intanto, allentando la tensione, l’Iran «per ragioni umanitarie» ha liberato sette dei 23 membri dell’equipaggio della petroliera britannica Stena Impero, che aveva sequestrato lo scorso 19 luglio nello Stretto di Hormuz.
* Fonte: Michele Giorgio, IL MANIFESTO
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