Movimenti. In Sardegna cinque antimilitaristi accusati di terrorismo
CAGLIARI. Mentre arriva la notizia della ripresa, il 12 ottobre, delle esercitazioni militari a Capo Frasca, nel sud della Sardegna, il movimento antimilitarista sardo è scosso da una clamorosa iniziativa della procura della Repubblica di Cagliari: cinque militanti cagliaritani sono accusati di «associazione con finalità di terrorismo o eversione all’ordine democratico» nell’ambito dell’inchiesta sulle manifestazioni contro le basi militari in Sardegna organizzate tra il 2014 e 2017, alcune delle quali sfociate in scontri tra antimilitaristi e forze dell’ordine. Gli avvisi di chiusura delle indagini preliminari, compiute dalla Digos della Questura di Cagliari su delega della Direzione distrettuale antiterrorismo (Dda) del capoluogo sardo, sono stati notificati l’altro ieri complessivamente a 45 persone, tra i quali appunto i cinque antimilitaristi. Gli altri 40 sono accusati di reati minori che vanno – a vario titolo – dai danneggiamenti alla resistenza, dalle lesioni alla partecipazione a manifestazione non autorizzata.
Secondo le anticipazioni fornite ieri dal quotidiano l’Unione sarda, le indagini si basano sull’attività svolta dalla questura di Cagliari dopo le manifestazioni avvenute davanti al poligono di Capo Frasca, del Salto di Quirra e di Decimomannu tra il 2014 e il 2017, ma anche presunti episodi di danneggiamento contro Poste italiane, banche e Rwm, la fabbrica di armamenti di Domusnovas. L’inchiesta coinvolge molti personaggi di spicco dell’antimilitarismo sardo. I reati più gravi vengono contestati Roberto Bonadeo e Valentina Maoret, 32 e 36 anni, ritenuti dal sostituto procuratore Guido Pani promotori di «un’associazione con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico che si propone il compito gli atti di violenza».
Con loro sono indagati per lo stesso reato – anche se non sono ritenuti gli organizzatori – Gianluca Berutti (39 anni), Marco Desogus (25) e Davide Serra (26). Tra i 40 indagati per reati minori, c’è il 63enne Giuliano Deroma, ex brigatista, finito nel fascicolo della Digos di Cagliari con altre trenta persone, in particolare per gli scontri avvenuti durante una manifestazione organizzata davanti alla base di Decimomannu l’11 giugno 2015.
La chiusura dell’inchiesta sulle manifestazioni contro le basi militari arriva a poche settimane dalla ripresa delle esercitazioni militari nell’isola, prevista per il 12 ottobre nel poligono di Capo Frasca. Per quella data il movimento antimilitarista sardo ha indetto una manifestazione «contro l’occupazione militare della Sardegna», confermata ieri dalle quaranta sigle di associazioni, movimenti e comitati che compongono il fronte antibasi.Con una dichiarazione rilasciata al sito di informazione on line Sardiniapost, gli avvocati dei militanti antimilitaristi rispondono alla procura: «I soggetti interessati sono appartenenti a svariate aree politiche ma tutti accomunati dall’impegno contro l’occupazione militare della Sardegna – commentano i legali dall’associazione Libertade -. Le gravi contestazioni mosse dal pubblico ministero assumono una portata molto preoccupante, in quanto riferite a condotte poste in essere dagli indagati nella legittima, pacifica e meritoria attività politica di sensibilizzazione e riconoscimento delle gravi conseguenze ambientali e alla salute provocate dalle esercitazioni militari svolte all’interno dei poligoni sardi».
Secondo i legali, le accuse riguardano l’organizzazione di «manifestazioni (avvenute nel 2014, 2015, 2016 e 2017) che si svolsero in maniera assolutamente pacifica; di aver organizzato campeggi definiti antimilitaristi, nei quali vengono svolte attività di informazione e approfondimento del tema; di resistenza ai pubblici ufficiali, benché sia noto che in quelle occasioni furono le forze dell’ordine a rinchiudere i manifestanti, tra cui donne e bambini, all’interno di cordoni ingiustificati». «Impossibile non notare che l’apertura di procedimenti penali relativi a fatti di quattro anni fa arrivi a pochi giorni dalla nuova manifestazione di Capo Frasca – sottolinea, sempre su Sardiniapost, l’avvocata Giulia Lai, anche lei dell’associazione Libertade -. I quarantacinque indagati appartengono a sigle e gruppi diversi nel variegato mondo di chi si oppone alla presenza delle basi militari in Sardegna, difficile capire come nel provvedimento che li riguarda si voglia pensare a un’organizzazione comune. Crediamo che l’intento sia quello di cercare di frenare le persone coinvolte nell’inchiesta e magari di spingere i cittadini a non partecipare alle iniziative del movimento per paura di ripercussioni».
* Fonte: Costantino Cossu, il manifesto
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