by Adriana Pollice * | 19 Settembre 2019 8:52
«Una barca in legno con 45 persone a bordo, inclusi donne e bambini, è in difficoltà vicino Malta. Alle 8.59 siamo stati avvisati da un gruppo di migranti che aveva lasciato Tripoli. Alle 9.10 abbiamo informato le autorità maltesi»: ieri mattina è stato Alarm Phone a lanciare una nuova richiesta d’aiuto. Richiesta a cui non è seguito un intervento immediato, come pure le norme prevederebbero: «Alle 10.40 abbiamo parlato di nuovo con le persone in pericolo – hanno spiegato i volontari via social -. Hanno detto di essere in mare già da due giorni. Una donna incinta sta sanguinando, forse ha perso il bambino. Non hanno acqua potabile».
A DARE CONFERMA della barca in difficoltà anche Moonbird, l’areo dell’ong Sea Watch e Pilotes Volontaires: «Dopo che il nostro velivolo ha confermato la posizione, Malta ha inviato un elicottero a monitorare l’imbarcazione alla deriva nella loro zona Sar. Chiediamo che La Valletta mandi una motovedetta prima che la situazione peggiori» chiariva Sea Watch mentre Alarm phone rilanciava la richiesta d’aiuto: «Sono vicini a Malta, perché non vengono soccorsi? Le autorità sono state informate più di tre ore fa e hanno inviato solo un elicottero».
Lunedì si era sfiorato lo scontro diplomatico: la Guardia costiera italiana era intervenuta in zona Sar maltese su richiesta de La Valletta per un salvataggio ma le autorità dell’isola si erano poi rifiutate di effettuare il trasbordo dei 90 migranti sui mezzi della marina maltese. Impasse sbloccata per vie diplomatiche solo in serata. Ieri La Valletta ha inviato le forze armate nel pomeriggio: «I 45 a bordo del barchino sono stati recuperati – hanno spiegato – compresa la donna incinta, non in pericolo di vita».
Mentre il barchino era alla deriva, al largo della Tunisia ieri si consumava il secondo naufragio in due giorni: un’imbarcazione con dieci migranti è affondata nelle vicinanze dell’isola di Djerba. In sei sono stati tratti in salvo, un solo cadavere recuperato. Lunedì a colare a picco, dopo l’urto con una boa galleggiante, era stato un peschereccio al largo di Sfax con almeno 16 migranti, tutti tunisini. Solo nove i superstiti.
Ce l’hanno fatta invece a toccare terra, ieri mattina all’alba, una ventina di migranti (anche loro probabilmente tunisini), arrivati sulle rive di Lampedusa. Non sono stati i soli. A metà mattinata è stato avvistato un secondo barcone approdato con un centinaio di migranti della Costa D’Avorio, Camerun, Guinea e Tunisia. Secondo i volontari di Mediterranean hope, si tratta di 102 persone (48 uomini, 48 donne e 6 minori) ma potrebbero salire a 108. Almeno quattro le donne incinte, due sono state portate in elicottero in ospedali più attrezzati per le difficili condizioni riscontrate dai medici. «Hanno dichiarato di esser partiti dalla Libia tre giorni fa, erano disidratati e molto provati dal viaggio – ha raccontato Alberto Mallardo di Mediterranean hope -. C’erano diversi casi medici, fratture recenti e un’ernia».
IL GRUPPO è stato trasferito nell’hotspot dell’isola, in contrada Imbriacola, che nell’ultima settimana è di nuovo sotto pressione per gli sbarchi fantasma, ormai quotidiani. Il centro ha una capienza di 95 persone ma arriva a doverne ospitare fino a 210: si attivano i trasferimenti verso la Sicilia continentale ma gli approdi producono il ciclo successivo di sovraffollamento. Lunedì in 70 sono stati imbarcati sul traghetto verso Porto Empedocle, ieri ulteriori 80 hanno preso la stessa via, l’hotspot era sceso a circa 100 persone prima che arrivasse il barcone in tarda mattinata. Così gestire accoglienza e servizi diventa molto difficile. A settembre l’isola ha contato almeno 570 arrivi di migranti: «Il sistema sicurezza è già in tilt», avverte il sindacato di polizia. Ieri il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, e quello di Bologna, Virginio Merola, da palazzo Madama a Roma hanno lanciato l’appello affinché i comuni adottino il Global compact, il documento predisposto dall’Onu «per una migrazione sicura, ordinata e regolare».
Se la Sicilia è sotto pressione, anche in Sardegna vanno avanti gli sbarchi fantasma: 58 algerini sono approdati in 24 ore in quattro differenti barconi tra Capo Sperone, nel Sulcis, e i porti di Teulada e Sant’Antioco.
* Fonte: Adriana Pollice, il manifesto[1]
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