Emergenza climatica. Islanda, natura «bene comune» in Costituzione

Emergenza climatica. Islanda, natura «bene comune» in Costituzione

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Ambiente. L’obiettivo è diventare il primo paese carbon free del Pianeta

Dalle elezioni anticipate del 2017, dopo che la pubblicazione dello scandalo sui Panama Papers aveva travolto la maggioranza di centro destra che governava l’Islanda, la nuova presidente dell’Esecutivo è una giovane donna, femminista, ecologista e progressista, Katrín Jakobsdóttir. La leader di Vinstri Græn (Sinistra Verde) guida una coalizione inedita tra il suo partito, il Partito dell’Indipendenza (conservatore) e il Partito Progressista (liberale). In questi due anni Katrín (in Islanda si usa chiamarsi per nome) ha cercato di dare piena attuazione al programma ecologista con il quale si era presentata alle elezioni e che sta alla base dell’accordo di governo.

Mercoledì, durante l’annuale discorso alla Nazione pronunciato presso l’Alþingi (il Parlamento islandese), la presidente Jakobsdóttir ha delineato le linee guida del suo governo dichiarando che l’emergenza climatica «è la nostra più grande sfida» perché «raramente o mai i messaggi della natura sono stati così chiari, non solo qui ma in tutto il mondo: uragani più frequenti e potenti, siccità, alluvioni, acidificazione e aumento del livello del mare, riduzione di specie su una scala che non abbiamo mai visto prima, le persone in fuga, la fusione dei ghiacciai». Proprio ad agosto la leader ecologista si era recata davanti all’Okjokull, il ghiacciaio che ricopriva il cono del vulcano Ok, scioltosi nel 2014 a causa dell’effetto serra. In quell’occasione era stato organizzato un vero e proprio funerale apponendo una targa commemorativa, per segnalare l’urgenza di porre rimedio al riscaldamento globale. Anche per questo, il discorso della giovane leader nordica, ha tutti i caratteri della solennità: «L’umanità è responsabile della situazione, l’umanità rappresenta una minaccia e ora il compito più grande dell’umanità è ridurre il tasso di questa orrenda evoluzione, minimizzare i suoi danni e proteggere il nostro futuro e la nostra biosfera su questo pianeta. Non abbiamo un’altra possibilità su un altro pianeta, ma solo l’opportunità che abbiamo qui e ora».

L’Islanda produce già l’ottanta per cento di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico e geotermico) ma, nel suo intervento al parlamento, la presidente Jakobsdóttir ha rivendicato il primo piano d’azione finanziato per combattere i cambiamenti climatici. L’obiettivo è di divenire il primo paese carbon free del Pianeta. Davanti ai deputati e in diretta televisiva, la premier islandese ha chiesto al parlamento di apportare emendamenti alla Costituzione con disposizioni sulla proprietà nazionale delle risorse ambientali. «Deve essere una priorità garantire che tutta la qualità che la natura ci ha dato sia di nostra comune proprietà, che si tratti di acqua, geotermia, vento, mare o altro», ha affermato Katrín. Le proposte per tali cambiamenti costituzionali sono, inoltre, state messe in consultazione aperta on line sul sito (samradsgatt.is) all’inizio di questa estate e l’iter dovrebbe completarsi entro la fine dell’anno. Uno strumento di democrazia digitale che il governo dell’isola mette a disposizione di ong, associazioni, sindacati e singoli, sul quale si possono discutere e proporre modifiche a leggi e provvedimenti statali.

Questi cambiamenti porterebbero ad avere una Costituzione che dichiarerebbe le risorse naturali come «beni comuni» da tutelare e difendere. Un’ulteriore passo per rendere l’isola dei ghiacci il paese più ecologista al mondo.

Un primato che potrebbe fare il paio con quello sulla piena parità salariale tra donne e uomini. La legge approvata lo scorso anno è, infatti, pionieristica come lo è quella licenziata da pochi mesi che estende i congedi parentali, fino a 9 mesi, per madri e padri.

Lo scorso maggio, inoltre, mentre il senato dell’Alabama emanava una norma che punisce i medici che praticano l’aborto con pene fino all’ergastolo, il parlamento islandese dava il via libera a una modifica alla legislazione sulla medesima materia di segno completamente diverso. Su proposta della ministra della Salute, Svandís Svavarsdóttir della Sinistra Verde, è stato inoltre spostato il limite per l’interruzione da 12 a 22 settimane, come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e inoltre, le donne residenti nell’isola, non hanno più bisogno di un documento di un medico o dei servizi sociali per richiede l’interruzione di gravidanza ma possono autodeterminare, fino in fondo, il proprio corpo e il proprio futuro.

* Fonte: Roberto Pietrobon, il manifesto

 

photo: Katrín Jakobsdóttir by Johannes Jansson/norden.org [CC BY 2.5 dk (https://creativecommons.org/licenses/by/2.5/dk/deed.en)]



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