by Giansandro Merli * | 15 Settembre 2019 9:19
Quale postura assumere nell’inedita fase politica aperta dal governo M5s-Pd? È la domanda che si stanno ponendo i movimenti riuniti in un’assemblea nazionale lunga due giorni. Realtà sociali, collettivi giovanili e studenteschi, nuove organizzazioni ecologiste, equipaggi antirazzisti di mare e di terra, case e spazi autogestiti, sindacati di base e associazioni si sono incontrati ieri nell’occupazione abitativa di viale del Caravaggio, quartiere romano di Tor Marancia, e si rivedranno stamattina alla casa delle donne Lucha y siesta, a Cinecittà. I due spazi, entrambi sotto sgombero, offrono la cornice all’ampia discussione che tenta di rispondere a una domanda non semplice.
ANCHE PERCHÉ l’esigenza di mettere intorno a un tavolo tutte le realtà di movimento disposte al confronto era sorta in un quadro politico molto diverso. Il percorso verso «Energie in movimento», questo il nome della due giorni nazionale, è iniziato con Matteo Salvini al ministero dell’Interno e cresciuto durante la richiesta dei «pieni poteri». Il repentino cambio di governo ha quindi costretto le diverse organizzazioni a riposizionarsi, declinando nuovamente le proprie rivendicazioni.
CONVINZIONE TRASVERSALE è apparsa quella dell’insufficienza dell’anti-salvinismo, sia come collante di una svolta politico-istituzionale vera, che di possibili iniziative di movimento. Per questo la discussione si è concentrata intorno ad alcuni punti programmatici. La plenaria iniziale si è svolta nel piano interrato di una delle due palazzine occupate. Per accedere bisogna scendere due rampe di scale e trovare l’orientamento tra corridoi sotterranei che sembrano tunnel. La sala ha l’aspetto di un bunker in cemento armato, ma i muri sono decorati da cartelli e striscioni: «Caravaggio non si sgombera», «Case per i poveri», «Ribellarsi è giusto, per le strade senza paura». Al microfono si alternano realtà di Torino, Milano, Bologna, Napoli, Cosenza. Tante quelle romane. Preponderanza di interventi maschili.
DUE TEMATICHE rimbalzano tra un intervento e l’altro: la questione ambientale e l’opposizione ai pacchetti sicurezza. «La sfida più difficile che abbiamo davanti è unire la questione sociale con quella ecologica – dice Ugo, biologo e attivista del movimento contro i cambiamenti climatici Extinction rebellion – La situazione del pianeta è più grave di quanto raccontano i report ufficiali».
NEL POMERIGGIO i circa 300 presenti si dividono in sette tavoli tematici: frontiere interne, migrazioni e confini nelle città; lavoro e welfare; questione giovanile; guerra all’autogestione e diritto alla città; frontiere esterne e libertà di movimento; diritto all’abitare; emergenza climatica (qui l’età media più bassa). Filo comune tra discussioni diverse è la questione relativa ai due decreti sicurezza, al centro delle critiche di praticamente tutte le realtà, con argomentazioni variegate. In quanto norme razziste che limitano il diritto alla protezione dei migranti, smantellano l’accoglienza e puniscono chi salva vite in mare. Ma anche come strumenti repressivi e di prevenzione del conflitto sociale che inaspriscono le pene per comportamenti legati a occupazioni di edifici o manifestazioni di piazza, come il blocco stradale o l’uso di caschi protettivi.
NELLA PLENARIA ODIERNA, con inizio previsto verso le 10.30, saranno riportate le conclusioni dei diversi tavoli. Soprattutto si capirà se dal diffuso sentire comune intorno ad alcuni temi verrà fuori anche una convergenza di rivendicazioni puntuali e mobilitazioni per il prossimo autunno. Affinché la discontinuità non rimanga uno slogan di governo.
* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto[1]
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