USA, il business farmaceutico in tribunale. Duemila cause per la strage di oppioidi
La famiglia Sackler sarebbe pronta a cedere l’intera azienda Purdue Pharma e in più a versare 3 miliardi di dollari per chiudere le oltre duemila cause che vedono i Sackler e l’azienda farmaceutica sul banco degli accusati l’epidemia di oppioidi che sta facendo strage di persone di trutte le età negli Stati Uniti.
La stima complessiva per chiudere tutte le cause aperte finora – secondo le indiscrezioni trapelate dal New York Times – sarebbe tra i 10 e i 12 miliardi di dollari. L’intesa dovrebbe portare alla ristrutturazione della società e alla sua trasformazione in un fondo mentre i profitti generati dalla vendita dei farmaci, tra cui l’OxyContin – uno degli oppioidi più conosciuti – andrebbero agli Stati, alle città e alle comunità che hanno fatto causa a Purdue. La società si impegnerebbe poi a fornire gratuitamente i suoi farmaci per contrastare la dipendenza da oppioidi.
L’overdose di oppioidi sintetici, principalmente il fentanyl – antidolorifico e anestetico esponenzialmente più potente dell’eroina, nell’ordine di 80 volte più forte della morfina – ha provocato, negli Stati Uniti, la morte di 67 mila persone tra il 2013 e il 2017 soltanto per i casi accertati e altri 70 mila morti per overdose nel solo 2018 – e le cifre non ufficiali raddoppiano o triplicano il numero dei decessi- tanto che il presidente Trump ha dichiarato l’anno scorso l’epidemia di morti per oppiodi «emergenza nazionale».
Questa è la terza class action che sta colpendo, dall’inizio dell’anno 2019, le grandi corporation farmaceutiche americane per la crisi degli oppioidi. La Johnson & Johnson è stata già condannata a pagare 572 milioni di dollari e ha presentato ricorso in appello.
All’inizio di quest’anno, nello Stato dell’Oklahoma – il primo dove una Corte statale ha concluso con alcune sentenze i processi intentati dalle vittime – è stato stabilito che l’azienda produttrice dell’OxyContin, la Purdue Pharma, deve risarcire per 270 milioni di dollari l’amministrazione con cui ha patteggiato, che Teva Pharmaceutical deve altri 85 milioni, lasciando Johnson & Johnson come unico imputato ancora in ballo.
Gli avvocati dello Stato dell’Oklahoma hanno sostenuto che Johnson & Johnson ha condotto per anni una campagna di marketing che ha consigliato a medici e consumatori l’utilizzo dei suoi antidolorifici più potenti minimizzando il rischio di dipendenza e promuovendone i benefici come panacea.
La Johnson & Johnson è stata identificata come il perno del sistema di promozione dell’uso degli oppiacei, attraverso – come scrive un’inchiesta della Bbc – un modello di marketing para-corruttivo fatto di convegni con annesse vacanze di lusso e cene eleganti offerte ai medici per indurli a prescrizioni facili dei farmaci antidolorifici, sponsorizzazioni e simili. Johnson & Johnson ha negato gli addebiti, sostenendo che le sue affermazioni sul marketing avevano un supporto scientifico e che i suoi antidolorifici, Duragesic e Nucynta, costituivano una piccola frazione di oppioidi prescritti in Oklahoma.
Come dimostra l’inchiesta della tv britannica, il sistema di prescrizioni facili di oppioidi è anche alimentato da una scarsa preparazione dei medici sulla terapia del dolore e le sue controindicazioni. Ma soprattutto il contesto di una sanità essenzialmente privata negli Stati Uniti spinge i pazienti a risolvere con una pillola problemi di carattere sanitario e psichico di piccola o di grave entità, perché sottoporsi ad accertamenti diagnostici e cure mediche e riabilitative sarebbe per loro troppo dispendioso.
Adesso le case farmaceutiche vengono portate alla sbarra anche perché paghino le costose parcelle dei piani di rehab e così a ottobre in Ohio la Johnson & Johnson dovrà vedersela con altri duemila querelanti.
L’aspetto più paradossale della vicenda è stato il repentino balzo in alto delle azioni della casa produttrice J&J non appena è stata condannata a inizio 2019 a pagare 572 milioni di dollari, spiegabile con il fatto che gli investitori si aspettavano un’ammenda molto più consistente, fino al quadruplo.
Il Washington Post riferisce che le maggiori compagnie farmaceutiche statunitensi hanno distribuito 76 miliardi di pillole per il dolore all’ossicodone e all’idrocodone – oppiacei semisintetici- tra il 2006 e il 2012.
Ma il boom della diffusione di oppioidi sintetici con principi attivi come il fentanyl o simili si calcola che sia stato tra il 2014 e il 2017, quando i prodotti a base di oppioidi semi sintetici è calato e si è impennato quello dei nuovi prodotti, più potenti e molto meno costosi.
Le vendite dei derivati del fentanyl, che sarebbero oltre 50 diversi, va avanti anche sui canali online senza ricetta medica e non è semplice operare controlli e sequestri. Ma la vicenda che vede alla sbarra i Big Pharma americani è ancora agli inizi.
* Fonte: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO
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