Nicola Fratoianni: «Alleanza larga contro Salvini non sia per opportunismo»

by Massimo Franchi * | 13 Agosto 2019 9:11

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«Davanti al rischio di degenerazione democratica dobbiamo mettere da parte le ostilità preventive»

la copertina del manifesto del 18 gennaio 1995 sul dilemma del sostegno al governo «tecnico» guidato da Lamberto Dini

«Il ragionamento vale sia nel caso si vada alle elezioni sia che si apra una discussione diversa in questo parlamento: davanti al rischio di “pieni poteri” per Salvini serve una proposta democratica larga e alternativa nel merito. Se lo si fa per opportunismo tattico ha ragione Zingaretti: meglio votare».

Onorevole Nicola Fratoianni, il M5s si scaglia contro Salvini. Davanti all’emergenza di centinaia di migranti bloccati sulle navi delle Ong chi meglio di lei può chiedere ai cinquestelle di far partire la loro “presa di coscienza” dal riaprire i porti chiusi?

Assolutamente. Dovrebbe essere Conte a farlo subito come atto di buon senso e l’umanità. E aggiungo: sarebbe necessario cancellare subito i decreti Sicurezza incassati da Salvini e rilanciare in Europa una battaglia politica globale e non nazionalista.

Lei pensa veramente che il M5s possa rimangiarsi tutto? Che si possa creare in parlamento una nuova maggioranza?

Siamo ad un passaggio decisivo non per gli scampoli di questa legislatura ma per le prospettive del nostro paese. È innanzitutto necessario spiegare a Salvini che non è il padrone dell’Italia e che la crisi di governo che lui ha aperto va gestita con una procedura ordinata. Salvini ha portato a casa tutti i risultati voluti vampirizzando il M5s e ora lo scarica puntando al piatto grosso del governo in solitaria. Davanti ad una degenerazione della cultura democratica del paese, come quella a cui stiamo assistendo, dobbiamo mettere da parte le ostilità preventive per costruire un’alleanza con l’arco più ampio di forze disponibili. Però, come ho già detto, per evitare i “pieni poteri” a Salvini tutto si può fare tranne un’operazione di respiro esclusivamente tattico. Serve una proposta incardinata nel merito che parta da una manovra nel segno della progressività fiscale – contro la flat tax, investimenti orientati alla transizione ecologica – e da una legge elettorale proporzionale che metta in sicurezza la democrazia italiana dall’uomo forte di turno, chiunque esso sia.

Per una coalizione larga è indispensabile che il M5s ci stia. Voi siete stati quelli che avete sempre posto il tema di un’interlocuzione con loro: è possibile un cambio di alleanza dopo essere stati più di un anno con Salvini e rivendicando le peggiori nefandezze securitarie del governo?

Io fin dal 4 marzo 2018 ho posto questo tema. Oggi a maggior ragione: lo dice la dura legge dei numeri per non consegnare il paese a 5 anni di ultradestra. In questi mesi ho sperimentato un rapporto con alcuni parlamentari e con Roberto Fico. Il M5s ha una composizione politica fluida e fragile. Non penso che possa cambiare tutto in due giorni ma credo che a questa prospettiva sia necessario lavorare.

E il Pd? A Renzi e la Boschi stanno andando di traverso i pop corn ma preparano la scissione. Calenda invece sostiene che il partito sia finito. Zingaretti appare in mezzo e in difficoltà.

Sebbene con coerenza in questi anni abbiamo combattuto la deriva liberista del Pd, in questo momento non auspico scissioni, frantumazioni o scontri. Il Pd ha l’onere di avanzare una proposta. Mi auguro però che l’attuale situazione acceleri una discussione di fondo che riguarda sia la natura del Pd sia le forze che in questi anni si sono collocate alla sua sinistra. Alcuni segnali ci sono e li colgo favorevolmente sperando che portino ad avanzare una proposta politica in forte discontinuità col passato.

A sinistra invece dopo gli ultimi risultati elettorali – che l’hanno portata a dimettersi da segretario di Sinistra Italiana – siamo all’ultima chiamata. Paradossalmente questo potrebbe essere un elemento che favorisce l’unità mai trovata?

Non lo so, ma credo sia necessario tentare. Dopo le ultime elezioni la frammentazione della sinistra politica risulta ormai sempre più insopportabile alla maggioranza delle persone che si sentono di sinistra. Per questo “l’ultima chiamata” deve portarci – tutti – da un lato a costruire percorsi e pratiche unitarie, dall’altro a ricercare una “connessione sentimentale” con quella larga parte della società italiana che in questo momento pensa che di fronte all’aggressività di una destra nazionalista e autoritaria c’è l’urgenza di una coalizione larga e alternativa. Quando è a rischio la democrazia, l’unità è precondizione necessaria.

* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]

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